L’ora segnata dal destino, per citare Mussolini, sembra essersi avvicinata: il Consiglio delle Autonomie Locali, come richiesto dalla legge, ha formalizzato la proposta di riordino delle Province abruzzesi avanzando l’ipotesi della costituzione di due Province, Pescara-Chieti (con capoluogo Pescara) e L’Aquila-Teramo (con capoluogo L’Aquila).
Ora tocca alla Regione recepire la proposta, assemblarne una propria e trasmettere il tutto al Governo entro il 23 ottobre prossimo.
Ma vediamo di che morte muore Teramo.
L’assemblea del CAL ha votato 5 ipotesi:
1) quella vincente con due Province, una a nord-ovest e l’altra a sud-est: da un lato L’Aquila che annette Teramo, dall’altro Pescara che annette Chieti (questa proposta ha ricevuto 8 voti);
2) tre Province: L’Aquila, Chieti e Pescara-Teramo (questa proposta ha ricevuto 5 voti);
3) due Province, una appenninica e l’altra adriatica: L’Aquila a ovest, Teramo-Pescara-Chieti a est (2 preferenze);
4) la proposta Brucchi con tre Province: Teramo insieme all’area Vestina, L'Aquila, e Pescara-Chieti (questa proposta ha ricevuto 2 voti, quello di Brucchi e del sindaco di Roseto Enio Pavone);
5) una Provincia unica abruzzese (il solo voto del sindaco di Pineto Luciano Monticelli).
Il Presidente della Provincia di L’Aquila Del Corvo si è astenuto.
Inspiegabilmente il Presidente della Provincia di Teramo, Valter Catarra, era l’unico assente fra i 20 membri del CAL.
A prescindere dalla proposta che verrà formulata dal Consiglio regionale abruzzese entro il prossimo mese, mi sembra di poter dire che, se l’obiettivo resta l’abolizione di tutte le Province, la proposta che più si avvicinava era quella della provincia unica votata dal solo Monticelli (il quale, se ne deve dare atto, è stato anche l’unico fra i 4 membri teramani a proporre l’ipotesi del ricorso della Regione alla Corte Costituzionale contro il riordino delle Province imposto dal governo Monti, unica strada che consentisse la conservazione della Provincia teramana).
La soluzione prescelta è comunque interlocutoria, nell’attesa che una riforma costituzionale elimini totalmente le Province, le quali sono comunque sin d’ora significativamente svuotate di funzioni.
Circa la paura di un ulteriore depauperamento di enti pubblici conseguente alla soppressione della Provincia di Teramo, c’è da considerare il fatto che quando altri presidi sono scomparsi dal capoluogo aprutino (come ad esempio la caserma e la società Telecom) la Provincia c’era ma questo non è bastato a mantenerli; nel futuro potranno senz’altro andar via anche la Prefettura, l’Agenzia delle entrate, la Commissione Tributaria, la Camera di commercio, l’INPS ed altri enti ancora, ma resta vero che la possibilità che a Teramo chiudano molti uffici pubblici non è subordinata alla perdita dello status di capoluogo provinciale, bensì è una eventualità comunque plausibile all’esito di una crisi devastante che – unita all’enorme debito pubblico – sta erodendo alle fondamenta la società italiana.
Quasi in contemporanea con il voto del CAL, il TAR Lazio si è pronunciato sul ricorso proposto dalla Provincia di Matera in opposizione alla delibera del Consiglio dei Ministri del 20 luglio scorso, con la quale sono stati definiti i criteri sul riordino delle Province.
Il ricorso in via cautelare non è stato né rigettato né accolto, il TAR sembrerebbe essersi limitato a dichiarare la necessità di attendere ulteriori provvedimenti regionali e/o statali che potrebbero modificare il destino delle Province, rendendo in tal modo vana una eventuale decisione giurisdizionale.
Il fatto che comunque il TAR non abbia confutato le motivazioni addotte dalla Provincia di Matera lascia più di qualche speranza sulla fondatezza del ricorso, sebbene la battaglia in tribunale appaia come una azione oramai antistorica.
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