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GIULIANOVA: VARIANTE DIMEZZATA MA NIENTE RIMBORSI ICI ED IMU

2 minuti

La variante generale al PRG per Mastromauro si è rivelata una Caporetto. La disamina fatta dal consigliere de Il Cittadino Governante, Franco Arboretti, non fa una piega (Tagliati dalla SUP 600.000 mq. di terreni previsti come edificabili. Il Comune dovrà rimborsare ICI e IMU ai proprietari delle aree.):
http://www.giuliaviva.it/index.php?option=com_content&view=article&id=744:la-variante-dimezzata&catid=37:parliamone&Itemid=1

O quasi. Il “quasi” è riferito all’ICI e all’IMU che il Comune NON dovrà affatto rimborsare a coloro che hanno finora versato l’imposta in quanto proprietari di aree fabbricabili in base al PRG anche se quelle stesse aree oggi, alla luce della variante, risultano non suscettibili di edificabilità.
Per quanto possa sembrare assurdo,  il concetto di "area fabbricabile" secondo l'intendimento urbanistico è diverso da quello dell'ICI/IMU e quest'ultimo anticipa, a volte anche di molto tempo, quello urbanistico.

Ne consegue che chi, preda di facili illusioni, negli anni del boom dell’edilizia aveva quasi pregato perché il terreno di proprietà cambiasse destinazione d’uso da agricola a fabbricabile, e poi pagato anche l’ICI in vista di una possibile edificazione, si trova ora a dover fare i conti con la variante generale al PRG.
In altri Comuni, invece, i più accorti, spaventati dalla crisi del mattone e dalle imposte, hanno da tempo concluso il percorso inverso, restituendo ai terreni di proprietà la loro originaria destinazione agricola.

Chi non è riuscito nell’impresa o ha continuato a voler credere nei miracoli della politica locale, ci ha rimesso le penne.
A Giulianova in molti hanno atteso, invano, l’ennesimo miracolo fuori stagione.
Neanche i Santi non sono più quelli di una volta.

La Redazione de I Due Punti
 

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Se la definitiva approvazione del piano annulla la edificabilità prevista in fase di adozione, è dovuta la restituzione delle somme introitate ai fini ICI e IMU come contemplato dalla Normativa di riferimento. In più, dette somme dovrebbero essere restituite con l’ interesse del 14% per ogni annualità versata entro e non oltre 180gg. dalla domanda di rimborso ai sensi dell’ art. 1, comma 164 della legge 296/2006.
Per l’Arch. Marina Rotini Ci piacerebbe essere del Suo stesso avviso ... Il Sole 24 ORE e’ tornato sul punto lo scorso 25 febbraio (pag. 3). Corte di Cassazione 19 Novembre 2007, n. 23889 La massima In tema di imposta comunale sugli immobili, la lettera b) comma 1 articolo 2 del D.lgs. n. 504/1992 è da interpretarsi nel senso che un’area è fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, non assumendo rilievo né la mancanza dell’approvazione della regione né la non adozione degli strumenti attuativi dello strumento urbanistico. L’inserimento nel piano regolatore generale di un'area - la cui edificazione avverrà attraverso un piano di recupero che il proprietario ha diritto di presentare al Comune - è presupposto idoneo e sufficiente per assegnare alla stessa la natura di terreno edificabile ai fini dell'ICI. Il commento Sommario: Introduzione – 1. La nozione di area fabbricabile – 2. Le difficoltà applicative ai fini ICI – 3. L’intervento delle Sezioni Unite della Suprema Corte – 4. La sentenza della Corte di Cassazione n. 23889 del 19 novembre 2007 – 5. La questione di legittimità costituzionale – 6. Le conclusioni Introduzione Un’area è qualificata – ai fini dell’Imposta comunale sugli Immobili, ICI - come area fabbricabile se è utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato del comune e ciò indipendentemente dalla sua approvazione (da parte della regione) e dall’adozione degli strumenti attuativi; l’ICI va quindi dichiarata e liquidata sulla base del valore di mercato dell'area. Principio affermato con l’intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25506 del 30 novembre 2006. Quest’interpretazione risolve un contrasto sorto nella stessa giurisprudenza della Sezione Tributaria della Cassazione tra l’indirizzo formale-legalistico e quello sostanzialistico (accolto poi dalle Sezioni Unite) ed ha trovato conferma nell’articolo 36 comma 2 del d.l. n. 223 del 4 luglio 2006 (convertito con modificazioni nella legge n. 248 del 4 agosto 2006, il cosiddetto decreto Bersani) che è intervenuto dopo che le stesse Sezioni Unite erano già state investite della questione. Lo stesso orientamento giurisprudenziale è stato confermato, sempre dalla Suprema Corte, con la sentenza n. 23889 del 19 novembre 2007 secondo cui l’inserimento nel Piano regolatore generale di un’area, la cui edificazione avverrà attraverso un piano di recupero che il proprietario ha il diritto di presentare al comune, è un presupposto sufficiente e idoneo per assegnare alla stessa la natura di terreno edificabile ai fini dell’ICI. 1. La nozione di area fabbricabile Uno dei presupposti dell’ICI[1] è il possesso di aree fabbricabili site nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati compreso l’utilizzo strumentale o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa. Con l’articolo 2 comma 1 lettera b) del d.lgs. n. 504/1992 il legislatore dà una definizione di area fabbricabile quale area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi ovvero in base alle possibilità effettive di edificazione determinate secondo i criteri previsti agli effetti dell’indennità di espropriazione per pubblica utilità. Il legislatore, quindi, fa riferimento all’edificabilità di diritto o legale delle aree fabbricabili, quando questa deriva dalla presenza di strumenti urbanistici a carattere generale – il piano di fabbricazione o il piano regolatore - mentre fa riferimento all’edificabilità di fatto nell’ipotesi, in realtà non frequente, in cui l’ente locale non sia dotato di tali strumenti[2]. Non sono qualificati come aree fabbricabili i terreni posseduti e condotti dagli imprenditori agricoli e da coltivatori diretti che esercitano la loro attività a titolo principale[3] purché, orientamento questo confermato da alcuni interventi giurisprudenziali[4] e dalla stessa prassi[5], vi sia identità tra il soggetto passivo e il conduttore del terreno stesso. Non rientrano nella nozione di area fabbricabile una lunga serie di immobili, come le aree destinate a verde pubblico, a servizi[6] o ad attrezzature scolastiche, le aree sottoposte a vincoli cimiteriali, a servitù militari e quelle destinate a grandi attrezzature. Infine non sono considerate aree fabbricabili le aree pertinenziali dei fabbricati destinate a giardino, le aree di svago, in quanto già comprese nella scheda catastale del fabbricato, le aree sulle quali non è possibile costruire edifici classificabili nei gruppi catastali da A fino a D. In relazione a quest’aspetto si ritiene, comunque, che in presenza di un vincolo temporaneo l’edificabilità non è esclusa, registrando degli effetti soltanto sul valore dell’area[7]. 2. Le difficolta’ applicative ai fini ICI Il legislatore[8] e successivamente la stessa Corte di Cassazione sono intervenuti per risolvere il contrasto giurisprudenziale in materia di soggettività passiva ai fini dell’ICI e delle aree fabbricabili. Con l’articolo 11-quaterdecies comma 16 del d.l.[9]. n. 203 del 20 settembre 2005 il legislatore ha disposto che quanto previsto nella lettera b) dell’articolo 2 del d.lgs. istitutivo dell’ICI è da interpretarsi nel senso che un'area è da considerare comunque fabbricabile se è utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale, indipendentemente dall'adozione di strumenti attuativi del medesimo. Sulla base della sua formulazione la norma ha natura di interpretazione autentica, intervenendo su una questione che aveva spaccato la stessa Corte di Cassazione che con propria sentenza n. 10062 dell’8 marzo 2005 aveva rimesso gli atti alle Sezioni Unite per dirimere il contrasto interpretativo circa l’individuazione del quando i terreni debbono essere qualificati come aree fabbricabili[10]. Sulla base di un primo orientamento giurisprudenziale la Suprema Corte collega[11] la qualificazione di area edificabile ai fini dell’ICI, agli strumenti urbanistici generali o agli strumenti attuativi, concludendo per l’assogettabilità in entrambi i casi e facendo discendere l’edificabilità anche da Prg non attuabili o particolareggiati, essendo sufficiente che la qualificazione risulti da un Prg sebbene l’assenza di un piano attuativo dello strumento generale attenui la potenzialità edificatoria dell’area influenzandone la base imponibile. Quest’orientamento giurisprudenziale si associa alla prassi dell’amministrazione finanziaria secondo cui l’edificabilità emerge dal piano regolatore generale senza che ciò debba risultare da piani particolareggiati; la differenza incide soltanto sulla quantificazione della base imponibile che è rappresentata dal valore venale in comune commercio dell’area fabbricabile, in quanto è evidente che il valore di un’area è maggiore se compresa in un piano particolareggiato rispetto al caso in cui tale area sia compresa soltanto nel Prg[12]. A distanza di pochi mesi l’orientamento degli stessi giudici di Piazza Cavour cambia radicalmente interpretando la lettera b) dell’articolo 2 comma 1 del d.lgs. n. 504/1992 nel senso di considerare imponibili le aree che sono suscettibili di edificazione effettiva, escludendo quelle che, seppur inserite nel Prg, non sono oggetto di edificazione a causa della mancata approvazione dei piani attuativi[13]. Il legislatore interviene sulla querelle accogliendo la prima tesi e considerando aree fabbricabili quelle aree utilizzabili in base al Prg, anche indipendentemente dall’esistenza o meno di un piano attuativo. Il tempestivo intervento del legislatore ha dato vita a due importanti conseguenze. La prima è che in tutti i processi tributari che si fondavano sulla questione hanno visto uscire vittoriosa l’amministrazione locale, in quanto la norma ha una chiara natura di interpretazione autentica. In secondo luogo l’ente può applicare l'ICI per tutte le aree fabbricabili inserite nel Prg, anche in assenza di uno strumento attuativo [14]. La norma ha carattere interpretativo rispetto alle norme precedenti [15] con efficacia retroattiva sui rapporti di imposta non ancora definiti, in quanto rispetta appieno le condizioni di ammissibilità della legge di interpretazione autentica, condizioni precisate con la sentenza n. 4616 del 3 marzo 2005 della Corte di Cassazione [16]. Il comune può, infine, prevedere – con regolamento e in base a quanto previsto dall’articolo 59 comma 1 lettera f) del d.lgs. n. 446 del 15 dicembre 1997 - il diritto al rimborso dell'imposta pagata per le aree successivamente divenute inedificabili, stabilendone termini, limiti temporali e condizioni, con riferimento anche alle modalità ed alla frequenza delle varianti apportate agli strumenti urbanistici. Il mancato esercizio di tale facoltà fa rientrare i rimborsi nella norma generale[17] contenuta nell’articolo 13 comma 1 del d.lgs. n. 504/1992, così come modificato dalla legge finanziaria per il 2007. L’articolo 36 comma 2 del decreto Bersani – d.l. n. 223 del 4 luglio 2006 convertito con la legge n. 248 del 4 agosto 2006 – interviene, nuovamente, sulla nozione di area fabbricabile precisando che ai fini delle imposte sui redditi, dell'Iva, dell'imposta di registro e dell'ICI un'area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal Comune, indipendentemente dall'approvazione della Regione e dall'adozione di strumenti attuativi del medesimo, confermando ed ampliando quanto già previsto dal d.l. n. 203 del 20 settembre 2005 e risolvendo, in tal modo, il contrasto giurisprudenziale[18]. 3. L'intervento delle sezioni unite della Suprema Corte Con la sentenza n. 25506 del 30 novembre 2006 la Suprema Corte a Sezioni Unite è intervenuta risolvendo il contrasto giurisprudenziale[19]. Il comune di Noventa di Piave (provincia di Venezia) ricorre contro la contribuente C. erede di un contribuente che aveva impugnato avvisi di accertamento notificati dal comune: · per gli anni 1993-94 per infedele dichiarazione ICI in quanto era stato dichiarato che i terreni agricoli di proprietà erano condotti direttamente – per beneficiare della riduzione prevista dall’articolo 9 del d.lgs. n. 504/1992; · per gli anni 1995-97 per l'omessa dichiarazione di variazione di destinazione urbanistica dei terreni, che erano divenuti edificabili a seguito dell'adozione del Piano regolatore generale. La Ctp ha accolto in pieno il ricorso relativo agli anni 1995-97 (che qui interessano) affermando che il Prg, seppur adottato, è stato approvato dalla Regione soltanto in epoca successiva. L’appello in Ctr è stato proposto da entrambi le parti in causa. La Commissione regionale ha confermato la tesi che la semplice adozione del Prg – non ancora approvato dalla Regione – non attribuisce il carattere dell’edificabilità al terreno. Il comune ha presentato ricorso, contro tale decisione, per Cassazione denunciando la violazione dell’articolo 2 comma 1 lettera b) del d.lgs. n. 504/1992 in quanto l’adozione del Prg è sufficiente per far considerare le aree fabbricabili e questo anche prima del perfezionamento dello strumento stesso. I giudici della Suprema Corte sono stati chiamati a dare l’interpretazione corretta all’articolo sopra richiamato[20] ed hanno fatto una breve premessa sulla stessa imposta comunale sugli immobile, definendola un’imposta locale sul patrimonio immobiliare, con aliquota unica, reale e riferita all’anno solare, che incide sia sul possesso dei terreni agricoli che su quello delle aree fabbricabili. La modalità per la determinazione della base imponibile è diversa e consiste: · per le aree fabbricabili, nel valore venale in comune commercio calcolato al primo gennaio dell’anno solare, considerando la zona territoriale di ubicazione, la destinazione d’uso consentita, l’indice di edificabilità, gli eventuali oneri per i lavori di adattamento, i prezzi medi rilevati sul mercato per aree con analoghe caratteristiche[21]; · per i terreni agricoli, nel reddito dominicale risultante in catasto moltiplicato per 75, oltre gli eventuali coefficienti di rivalutazione. Questa distinzione è rilevante esclusivamente per l’individuazione del criterio per determinare la base imponibile ma è non è da considerare per accertare se un bene è imponibile o meno. La base imponibile che per un’area fabbricabile può essere modificata in base all’andamento del mercato o in relazione al perfezionamento dello ius edificandi ed è fisiologico che l’ICI in quanto imposta patrimoniale, sia commisurata al valore del patrimonio e quindi possa subire variazioni, in aumento o in diminuzione. A fissare i criteri per determinare se un suolo è da considerarsi come terreno agricolo o come area fabbricabile è lo stesso legislatore del d.lgs. n. 504/1992, in quanto: · per terreno agricolo si intende il terreno adibito alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all’allevamento di animali ed alle attività connesse[22]; · per area fabbricabile si intende quell’area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi. Accogliendo la tesi sostanzialistica, la novella legislativa (precedentemente richiamata) è intervenuta chiarendo i dubbi esistenti nella stessa giurisprudenza della Corte di Cassazione, secondo la quale non è necessario che lo strumento urbanistico, adottato dal comune, abbia perfezionato il suo iter con l’approvazione da parte della Regione. L’inserimento di un terreno nel Prg, infatti, viene percepita come qualcosa di esistente e di non facilmente reversibile e sufficiente per far venir meno il rapporto tra reddito dominicale e valore del terreno[23] e questo in quanto, continua la Suprema Corte, non interessa e non è necessario ai fini fiscali che il suolo sia, immediatamente ed incondizionatamente, edificabile affinché si possa far ricorso al criterio del valore venale in comune commercio. L’avvio della procedura di trasformazione urbanistica del suolo implica la sua trasformazione ai fini fiscali non consentendo più il riferimento al criterio del reddito dominicale. Per espressa previsione del legislatore la norma del decreto Bersani deve essere utilizzata per l’Iva, per il Tuir, per l’ICI e per l’imposta di registro e non introduce, come visto, un nuovo criterio di valutazione ma chiarisce che il terreno è considerato area edificabile dal momento che è stato inserito nello strumento urbanistico, anche se non è ancora operativo. Il punto fondamentale della norma e dello stesso intervento delle Sezioni Unite è la specificazione che l’edificabilità dei suoli ai fini fiscali non è condizionata dall’approvazione della Regione e dall’adozione di strumenti attuativi. Chiaramente lo ius edificandi e lo ius valutandi poggiano su presupposti differenti, il primo sul perfezionamento delle relative procedure, il secondo sull’avvio delle stesse. Non si può costruire se, da un lato, prima non sono state definite tutte le norme di riferimento, dall’altro si può valutare un suolo a vocazione edificatoria anche prima del completamento delle procedure. Con il decreto Bersani si mette un punto fermo sui diversi orientamenti giurisprudenziali, considerando sufficiente l’avvio della procedura per la formazione del Prg, per determinare un diverso criterio di calcolo della base imponibile, in quanto il semplice avvio genera un’impennata di valore e la volontà e la finalità del legislatore fiscale è quella di tener conto delle variazioni di valore che subiscono i suoli a seguito degli strumenti urbanistici. La finalità della legislazione urbanistica è, invece, quello di garantire che lo ius edificandi venga esercitato quando gli strumenti urbanistici sono perfezionati, ius da non confondere, come già detto in precedenza, con lo ius valutandi che poggia su un diverso presupposto. 4. La sentenza della Corte di cassazione n. 23889 del 19 novembre 2007 Nella sentenza in commento la Federazione Italiana dei Consorzi (in liquidazione giudiziale) ha presentato ricorso per Cassazione contro la decisione della Commissione Tributaria Regionale della Toscana – Ctr. Oggetto della controversia[24] è l’avviso di accertamento ICI con il quale il comune di Cecina (Li) ha aumentato (per l’annualità 1993) il valore di un terreno da circa 5 miliardi di lire a 24 miliardi. La Ctp di Livorno accoglieva parzialmente il ricorso, riducendo il valore del terreno a 18 miliardi. La sentenza è stata, poi, confermata dalla Ctr che ha ritenuto che il terreno è da considerarsi area edificabile in quanto inserito negli strumenti urbanistici, facente parte di un piano di recupero che permette la realizzazione di oltre 100 mila metri cubi di fabbricati. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso della Federazione per non ammissibilità del motivo dedotto dalla ricorrente secondo la quale non è sufficiente per l’accertamento della natura di un terreno, agricolo o edificabile, il suo semplice inserimento nel Prg visto che per la realizzazione dell’attività edilizia sono necessari ulteriori adempimenti burocratici, quali il rilascio di atti e attestati integrativi, che investono una questione non di legittimità ma esclusivamente di merito. Nonostante questo i giudizi di Piazza Cavour ritengono infondata la richiesta del ricorrente in quanto il d.lgs. n. 504/1992 dà una definizione di area fabbricabile ai fini ICI come l’area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi ovvero in base alle possibilità effettive di edificazione determinate secondo i criteri previsti agli effetti dell'indennità' di espropriazione per pubblica utilità ed è la stessa Federazione dei Consorzi a sostenere (nel proprio ricorso) che l’area è inserita nel Prg e tale inserimento, sulla base della normativa richiamata, è un presupposto necessario e sufficiente per qualificare il terreno come edificabile ai fini dell’ICI. Per la Corte ciò che è rilevante è l’utilizzabilità edificatoria permessa dallo strumento urbanistico, essendo sufficiente la previsione del Prg e non richiedendo che l’edificabilità derivi da piani urbanistici particolareggiati. La Corte fa poi esplicito richiamo alla propria sentenza a Sezioni Unite n. 25506/2006 con la quale si conferma che a seguito dell’entrata in vigore dell’articolo 11 quaterdecies comma 16 del d.l. n. 203 del 30 settembre 2005 e del comma 2 dell’articolo 36 del d.l. n. 223 del 4 luglio 2006 viene fornita l’interpretazione autentica del comma 1 lettera b) dell’articolo 2 del d.lgs. n. 504/1992 secondo la quale l’edificabilità di un’area è desunta dalla qualificazione a questa attribuita nel Piano regolatore generale adottato dal comune e ciò indipendentemente dalla sua approvazione da parte della regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi. E questa introduzione nel Prg, continua la sentenza della Suprema Corte – ricalcando l’intervento a Sezioni Unite – è sufficiente a generare un aumento sensibile del valore del bene e quindi giustificare una variazione del prelievo nel periodo d’imposta, in conformità alla natura periodica del tributo. L’inapplicabilità del criterio fondato sul valore catastale dell’immobile impone di tener conto nella determinazione della base imponibile della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie e anche dell’incidenza di ulteriori oneri di urbanizzazione. In considerazione, infine, dei profili della controversia e del recente intervento delle Sezioni Unite la Corte di Cassazione rigetta il ricorso della Federazione Italiana dei Consorzi e compensa le spese[25]. 5. La questione di legittimita’ costituzionale Nonostante tutti gli interventi indicati continuano a rimanere di dubbia legittimità costituzionale le norme previste con il d.l. n. 223/2006 sull’edificabilità dei terreni agricoli inclusi in un piano regolatore generale, privo di strumenti attuativi e dell’approvazione regionale. La Commissione tributaria Regionale del Lazio con propria ordinanza[26], dopo quella già presentata nel 2006, ha rimesso alla Corte Costituzionale le norme dei d.l. n. 203/2005 e 223/2006 che considerano edificabili gli immobili che per la Ctr tali non sarebbe possibile considerare nel rispetto delle leggi urbanistiche e di una consolidata giurisprudenza in quanto tale principio non è considerato compatibile né con i principi fissati dall’articolo 3 della Costituzione a tutela dell’uguaglianza, della ragionevolezza e della razionalità né con il principio della capacità contributiva, previsto dall’articolo 53 della Carta Costituzionale. Secondo la Ctr edificabile è solo quel terreno per il quale è stato rilasciato un permesso di costruire, in quanto soltanto in questo momento sono definite le caratteristiche dell’immobile da costruire, rendendo possibile determinare con esattezza il valore del terreno. Un’interpretazione diversa finirebbe, per la Ctr, col tassare un’edificabilità solo potenziale e non attuale, incidendo su una capacità contributiva non esistente, in contrasto quindi con i principi affermati dalla stessa Corte Costituzionale, secondo cui la capacità contributiva va verificata nei presupposti di fatto e di diritto. In conclusione, ritenendo d'ufficio che la questione di legittimità costituzionale per violazione degli articoli 3 e 53 della Costituzione nonché dei principi di ragionevolezza, razionalità, non contraddizione da parte dell'art. 11-quaterdecies, comma 16 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248, e dell'art. 36, comma secondo del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, sia rilevante e non manifestamente infondata, la Commissione sospende il giudizio, ai sensi dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1949, n. 1, e dell'art. 23 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 87 e, riservata ogni altra decisione in rito e nel merito, invia gli atti alla Corte costituzionale. 6. Le conclusioni Il presupposto dell’ICI non è collegato, dal d.lgs. n. 504/1992, all’idoneità del bene a produrre reddito o alla sua attitudine ad incrementare il proprio valore o il reddito prodotto, in quanto il valore dell’immobile assume rilievo ai soli fini della determinazione della base imponibile e quindi per la concreta misura dell’imposta. Per le Sezioni Unite della Suprema Corte un’area è da considerarsi fabbricabile se è utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione della Regione e dall’adozione di strumenti attuativi. L’ICI va dichiarata e liquidata sulla base del valore di mercato dell’area e il beneficio della tassazione su base catastale (prevista per i terreni agricoli) non compete quando si tratta di suoli la cui vocazione è stata formalizzata in uno strumento urbanistico, benché non operativo, in quanto tale elemento è sufficiente a far incrementare il valore del suolo. Conformemente all’intervento delle Sezioni Unite il legislatore ha ritenuto che, a prescindere dallo status giuridico formale dello strumento urbanistico, non è più possibile apprezzare il valore dello stesso suolo sulla base di un parametro di riferimento – il reddito dominicale – che diventa superato da più attuali criteri di valutazione economica. Tutti questi principi sono stati ampiamente accolti nella sentenza della Corte di Cassazione n. 23889/2007 che ha fatto esplicito riferimento ai recenti interventi del supremo giudice di legittimità e del legislatore. La Suprema Corte nella sentenza in rassegna ha ribadito – e questo in applicazione della norma interpretativa di cui al comma 2 dell’articolo 36 del d.l. n. 223/2006 – che ai fini ICI un’area è fabbricabile se utilizzabile in base allo strumento urbanistico generale adottato, indipendentemente dall’approvazione della regione e dall’adozione di strumenti attuativi. Dalla sentenza dei giudici di Piazza Cavour si desume, quindi, che il valore di un terreno e la sua potenzialità edificatoria non rappresenta il presupposto dell’ICI ma è rilevante soltanto ai fini della determinazione della base imponibile e quindi dell’effettivi imposta dovuta che deve necessariamente tener conto sia degli ulteriori oneri di urbanizzazione che di quanto sia prossima ed effettiva l’utilizzabilità edificatoria del terreno. Eugenio Piscino Responsabile del Settore Finanziario del Comune di Gragnano Revisore Contabile -------------------------------------------------------------------------------- [1] Istituzione avvenuta con il d.lgs. n. 504 del 30 dicembre 1992. [2] L'articolo 5 bis del d.l. n. 333 del 11 luglio 1992 convertito dalla legge n. 259 del 8 agosto 1992 ha introdotto il concetto di edificabilità di fatto accanto al concetto di edificabilità legale e questo ai fini della determinazione dell'indennità di espropriazione per pubblica utilità. [3] Sui quali persista l'utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l'esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura ed all'allevamento di animali. [4] La Corte di Cassazione ha più volte ribadito (si veda su tutte la sentenza n. 19750 del 4 ottobre 2004) che al fine di applicarsi l’esenzione per i coltivatori diretti, il proprietario deve possedere lo status di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale, non essendo sufficiente la coltivazione del fondo. [5] Si veda la circolare ministeriale n. 7/1106 del 10 giugno 1993, risposta 5.18. [6] Si vedano la circolare ministeriale 3 agosto 1979 n. 25/364695 e, sulla natura non edificabile di un'area sottoposta a "verde pubblico", la risoluzione ministeriale 27 novembre 1988 n. 400756. [7] Per la determinazione della base imponibile si veda E. Piscino, L’imposta comunale sugli immobili e le aree fabbricabili, Rivista della scuola superiore dell’economia e delle finanze, n. 1/2007. [8] L’intervento del legislatore nel contrasto giurisprudenziale è stato commentato da M. Bonazzi, Imposta sugli immobili una batosta, ItaliaOggi del 12 novembre 2005. [9] Convertito con modificazioni con la legge n. 248 del 2 dicembre 2005. [10] La sentenza è commentata da A. Buscema, Area edificabile basta il Prg, in FiscoOggi, edizione del 28 marzo 2006. [11] Con la sentenza n. 16751 del 11 maggio 2004, brevemente commentata da S. Cinieri, Osservatorio giurisprudenziale n. 131, FiscoOggi, edizione del 10 gennaio 2005. [12] Ministero dell’economia e delle finanze nella risoluzione n. 209/E del 17 ottobre 1997, commentata ampiamente da M. Altobelli, La base imponibile dell’Ici: le aree fabbricabili, Tributi Locali e Regionali n. 1/2006, Maggioli editore. [13] Ci si riferisce alla sentenza della Suprema Corte n. 21573 del 13 novembre 2004, in Bollettino Tributario d'Informazioni n. 7/2005. [14] In considerazione della discordanza interpretativa, giustificata dall'esistenza del contrasto giurisprudenziale, lo scrivente ritiene opportuno la notifica degli avvisi di accertamento privi di sanzioni in capo ai contribuenti, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 10, comma 3 della Legge 27 luglio 2000 n. 212 recante disposizioni in materia di Statuto dei diritti del contribuente. [15] In particolare l’articolo 2, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 504/1992. [16] Tale sentenza ha precisato le seguenti condizioni: 1. la legge di interpretazione autentica ha efficacia retroattiva ed è quindi applicabile ai rapporti d'imposta sorti prima della sua entrata in vigore e non ancora definiti; 2.il giudicato si pone come limite suscettibile d'impedire il dispiegamento di efficacia della nuova norma d'interpretazione autentica alla fattispecie concreta; 3. è ammissibile quella legge di interpretazione autentica che presuppone il contenuto non inequivoco della norma interpretata e la riconducibilità dell'esegesi prescelta dal legislatore a una delle alternative prima ammissibili - articolo 11 delle preleggi, e articoli 1 e 3 della legge n. 212/2000; 4. il dettato della norma interpretativa deve ridurre univocamente e non eccedere la portata precettiva teorica della disposizione precedente. [17] Art. 13 – Rimborsi - 1. Il contribuente può richiedere al comune al quale è stata versata l'imposta il rimborso delle somme versate e non dovute, entro il termine di tre anni dal giorno del pagamento ovvero da quello in cui è stato definitivamente accertato il diritto alla restituzione. Sulle somme dovute al contribuente spettano gli interessi nella misura indicata nel comma 5 dell'articolo 14. 2. Le somme liquidate dal comune ai sensi del comma 1 possono, su richiesta del contribuente da comunicare al comune medesimo entro 60 giorni dalla notificazione del provvedimento di rimborso, essere compensate con gli importi dovuti a titolo di imposta comunale sugli immobili. La legge finanziaria per il 2007 ha previsto al comma 164 dell’articolo unico quanto segue: 164. Il rimborso delle somme versate e non dovute deve essere richiesto dal contribuente entro il termine di cinque anni dal giorno del versamento, ovvero da quello in cui e' stato accertato il diritto alla restituzione. L'ente locale provvede ad effettuare il rimborso entro centottanta giorni dalla data di presentazione dell'istanza. [18] Si vedano in particolare sezione tributaria della Cassazione, ordinanze n. 10062/2005 e n. 3504/2006 . Le sentenze sono brevemente commentate da M. Maiorino, Un’autentica liberazione, FiscoOggi, edizione del 10 agosto 2006. [19] La sentenza 25506 è commentata brevemente da G.P. Teti, Aree fabbricabili, Agel, Ancitel. La sentenza è altresì commentata da S. Giovagnoli e G. Rebecca, La sentenza n. 25506/2006 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione conferma la natura interpretativa della nuova definizione di area fabbricabile, Il Fisco, n. 2/1 2007. [20] Articolo che dispone che per area fabbricabile si intende l’area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi. [21] Si veda il d.lgs. n. 504/1992 articolo 5 comma 5. [22] Articolo 2 comma 1 lettera b) del d.lgs. n. 504/1992 e articolo 2135 del codice civile. [23] Si vedano le sentenze della Corte di Cassazione: n. 17513/2002; conf., ex plurimis, n. 4381/2002, n. 4120/2202, n. 17762/2002 e n. 13817/2003. Una parte di tali sentenze, in particolar modo la n. 17513/2002 e la n. 13817/2003, sono commentate da A. Buscema e G. Caputi, Ai terreni divenuti edificabili non si applica la valutazione automatica, FiscoOggi, edizione del 6 novembre 2003. [24] L’argomento è trattato anche da E. Piscino, L’imposta comunale sugli immobili e le aree fabbricabili, Rivista della scuola superiore dell’economia e delle finanze, n. 1/2007. [25] Il principio è analogo a quanto previsto nella sentenza n. 19131 del 12 settembre 2007 della Corte di Cassazione. Sentenza brevemente commentata sul sito www.ufficiotributi.it, Maggioli editore. Ulteriori commenti sono di M. Maiorino, Ici nessun salvagente dal rischio esproprio, FiscoOggi, edizione del 21 novembre 2007 e A. Iannaccone, Terreni edificabili. La futura espropriazione non elimina l'Ici, FiscoOggi, edizione del 25 settembre 2007. [26] Ordinanza della Ctr del Lazio, pubblicata il 5 dicembre 2007 – G.U. I Serie Speciale n. 47. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO La Liquidazione Giudiziale dei beni ceduti della Federazione Italiana dei Consorzi ha impugnato l'avviso di accertamento con il quale il Comune di Cecina ha elevato a fini ICI per il 1993 il valore di un terreno di mq. 75.000, da L. 5.060.323.840 a L. 24.000.000.000. La Commissione Provinciale ha accolto parzialmente il ricorso ed ha ridotto il valore a L. 18.000.000.000. La sentenza, gravata dalla contribuente, è stata confermata dalla Commissione Regionale, che ha ritenuto, e trattarsi di area edificabile inserita negli strumenti urbanistici, facente parte di un piano di recupero che consente la realizzazione di 120.000 metri cubi, e condivisibile la valutazione ai fini ICI di cui alla sentenza di primo grado tenendo conto questa della spese attinenti alla demolizione dei manufatti. Ha proposto ricorso la Liquidazione deducendo due motivi. Il Comune ha resistito con controricorso illustrato da memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo la ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione di norme di diritto in quanto la Commissione Regionale avrebbe ritenuto edificabile l'area solo perché sarebbe stata classificata come zona B/3, destinata secondo le previsioni del Piano Regolatore Generale alla realizzazione di una attività edilizia, e non avrebbe considerato, invece, che sarebbero stati necessari "ulteriori adempimenti burocratici" comportanti il "successivo rilascio, secondo gli strumenti urbanistici vigenti, di altri attestati o atti integrativi, che non sia il semplice inserimento in un P.R.G.". il Comune ha rilevato l'inammissibilità della censura sia perché relativa ad una questione di fatto, e sia perché la ricorrente, pur denunziando una violazione di legge, non ha poi indicato la norma che sarebbe stata violata. Ha poi sostenuto anche l'infondatezza del mezzo in quanto nel caso specifico l'area è stata inserita nel Piano Regolatore Generale come edificabile, con la previsione che "l'edificazione dell'area" avvenga attraverso un piano di recupero che il proprietario ha il diritto di presentare al Comune. Su questa base, ha concluso che allo stato attuale non vi e alcun impedimento per realizzare le previsioni del P.R.G., essendo sufficiente la presentazione di "un semplice progetto di piano di recupero". Ritiene la Corte che la censura è innanzitutto inammissibile poiché l'accertamento della natura di un terreno (edificabile o agricolo), riguarda una questione di merito sottratta al sindacato di legittimità. Peraltro, essa è anche infondata poiché il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b), definisce area edificabile a fini ICI "l'area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi ovvero in base alle possibilità effettive di edificazione determinate secondo i criteri previsti agli effetti dell'indennità di espropriazione per pubblica utilità". Nella specie, la stessa ricorrente ha sostenuto che l'area di che trattasi è inserita in un Piano Regolatore Generale. Ebbene, un tale inserimento, alla stregua della norma testè richiamata, è presupposto idoneo e sufficiente per assegnare la natura di terreno edificabile ai fini dell'ICI, dal momento che ciò che rileva e l'utilizzabilità edificatoria consentita dallo strumento urbanistico, il tenore letterale della norma esclude la necessità che l'edificabilità discenda da piani urbanistici particolareggiati, essendo sufficiente la previsione del piano regolatore generale. La stessa Suprema Corte a Sezioni Unite del resto, con sentenza n. 25506/06, che questo Collegio pienamente condivide, ha affermato che in tema di ICI, a seguito dell'entrata in vigore del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 11 quaterdecies, comma 16, convertito con modificazioni dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248, e dell'art. 36, comma 2, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, che hanno fornito l'interpretazione autentica del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lettera b), , l'edificabilità di un'area, ai fini dell'applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, dev'essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall'approvazione dello stesso da parte della Regione e dall'adozione di strumenti urbanistici attuativi. L'inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è infatti sufficiente a far lievitare il valore venale dell'immobile, le cui eventuali oscillazioni, in dipendenza dell'andamento del mercato, dello stato di attuazione delle procedure incidenti sullo "ius aedificandi" o di modifiche del piano regolatore che si traducano in una diversa classificazione del suolo, possono giustificare soltanto una variazione del prelievo nel periodo d'imposta, conformemente alla natura periodica del tributo in questione, senza che ciò comporti il diritto al rimborso per gli anni pregressi, a meno che il Comune non ritenga di riconoscerlo, ai sensi del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 59, comma 1, lettera f). L'inapplicabilità del criterio fondato sul valore catastale dell'immobile impone peraltro di tener conto, nella determinazione della base imponibile, della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, nonché della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione sul valore dello stesso in comune commercio. Con il secondo motivo la ricorrente ha dedotto omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza in quanto la Commissione Regionale ha ritenuto non compatibile ai fini ICI il valore definitosi nel 1994 nel contesto della cessione del compendio immobiliare de quo da essa ricorrente alla Aulo Cecina s.r.l. nella misura di L. 7.000.100.000. Il Comune ha eccepito l'inammissibilità della censura sia per violazione del principio di autosufficienza del ricorso, non essendo stati in esso indicati con precisione i documenti che avrebbero dovuto essere valutati, e sia perché l'attribuzione del valore al bene non può essere sindacata in sede di legittimità. Ritiene la Corte che la censura è infondata poiché la Commissione ha esaminato le ragioni dedotte sul punto dalla contribuente ed ha ritenuto di non condividerle fornendo una sua motivazione, pur se estremamente succinta. Peraltro, la mancata contestazione del valore da parte dell'Ufficio del Registro non costituisce un elemento probatorio di particolare significato, da utilizzare in una fattispecie nella quale imposta ed Ente impositore sono totalmente diversi. In considerazione dei profili sostanziali della controversia e del recente intervento delle S.U. le spese del giudizio di legittimità vanno compensate. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Compensa le spese.
AD ADIUVANDUM Commento - L'ICI si paga in base al valore venale e non alle caratteristiche oggettive dell'immobile. Ne deriva che se si possiede un tereno agricolo esso ha un valore venale "effettivamente" basso. Se e quando lo stesso terreno viene destinato sin "dalla semplice approvazione in C.C." ad area edificabile il suo valore venale si innalza perché ha acquisito una maggiore potenzialità commerciale. Il valore venale -diritto commerciale alla mano- è definito come quello in comune commercio, ed è determinato dall'incontro di due volontà. Al contrario, nel processo di determinazione della base imponibile di un'area edificabile il Comune fissa dei valori di "riferimento" che non troveranno mai riscontro in alcun rogito. Tanto premesso se ho un'area agricola che vale 100 e dopo una variante PRG il suo valore cresce fino a 1.000 e qualcuno se la compera, si è messa in movimento una evidente libera e lecita "speculazione" commerciale ed il Comune impositore ha diritto all'esazione del tributo così come lo Stato ha diritto ai suoi tributi relativi alla transazione (marche da bollo comprese). Se, come accaduto a Giulianova, la stessa area retrocede sempre per variante PRG, nessuno può richiedere indietro i soldi della compravendita e men che meno dei tributi versati.
In Italia il problema del consumo del suolo è ormai drammatico. E nonostante molte amministrazioni si riempiano la bocca di termini come riuso, recupero, consumo suolo zero, tutela del patrimonio agricolo, ecc., i P.R.G. e i P.R.E. poi affermano il contrario. Il fatto della restituzione dell'ICI pagata su previsioni di edificabilità contenute negli strumenti urbanistici adottati è una fattispecie prevista dall'art. 59, comma primo, lettera f) del d.lgs. 446/97, che afferma, testualmente, che i Comuni, con il regolamento sull'ICI (ora IMU) possono “prevedere il diritto al rimborso dell'imposta pagate per le aree successivamente divenute inedificabili, stabilendone termini, limiti temporali e condizioni, avuto anche riguardo alle modalità ed alla frequenza delle varianti apportate agli strumenti urbanistici.” Quindi i comuni "possono" e non "devono" prevedere il rimborso delle imposte pagate su aree che in sede di approvazione definitiva del piano regolatori hanno perso, per diversi motivi (osservazioni, emendamenti, prescrizioni di enti sovraordinati, ecc.) l'edificabilità. Sul fatto poi che sui piani regolatori comunali, che di pianificazione poco hanno in quanto, troppo spesso, si limitano a "concedere" diritti edificatori in maniera quantomeno "bizzarra" seguendo logiche che con la tecnica urbanistica e con il controllo e la conoscenza del territorio e delle sue dinamiche e caratteristiche insediative, culturali, economiche, ecologiche, idrogeologiche, paesaggistiche, ecc., nulla hanno a che fare, non posso che trovarmi d'accordo. E il pagamento dell'ICI non può che essere un deterrente alla "questua" di aree edificabili da parte di cittadini, e ancora più di imprese, che, anche attraverso le osservazioni, chiedono l'edificabilità di terreni che poi si rivelano commercialmente non appetibili. Ma questo non assolve le amministrazioni dalla loro colpa originaria: la gestione del territorio con metodi che di scientifico poco o nulla hanno, fatta "a tavolino" in base a richieste di singoli o di gruppi di pressione. E i risultati di questa politica alla "che te serve", purtroppo, si vedono, basta farsi un giro per le nostre città ed i nostri paesi. E, purtroppo, è una questione di cultura e di consapevolezza del bene comune, e non basta far pagare l'ICI per frenare questa corsa al massacro.