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Sull'Ipogeo non cresce l'erba

di Giancarlo Falconi
1 minuto

Avevamo definito l'Ipogeo di Teramo, una cagata pazzesca. www.iduepunti.it/il-caff%C3%A8/22_settembre_2011/teramo-lipogeo-%C3%A8-una-cagata-pazzesca
Poi abbiamo riflettuto.
Forse, si, eravamo stati troppo avventati.
Ci siam ripetuti..." il sindaco Brucchi ha detto di aspettare l'opera terminata".
Abbiamo atteso una tinteggiata, un gioco di luci, fiori ed erba verde. Sfumature di un complesso in movimento. La Bioarte di Pietro Antonio Bernabei.
L'Ipogeo non è una cagata, perchè dal letame nascono i fiori. L'Ipogeo è così brullo che l'erba del vicino si è asfaltata. Suicida.
Quanto ha speso il comune di Teramo per il tentativo di coltivare la modernità incompresa?
Pensate quasi 30 mila euro. Brividi scapigliati. Foglie d'erba di Walt Whitman.
Speculazione edilizia. Eterni cafoni senza fonte.
Neanche le patate lesse di mia nonna.
Magari...

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Commenti

...da tanto ho smesso di capire,.....ho una figlia che fa arte che io non capisco ma altri sì,.......il mio lavoro mi porta ad accettare e condividere anche l'inverosimile dei colori,....ogni cosa ha i suoi lati positivi, anche solo uno, come la pila, e......per la verità,stavo apprezzando, m'incuriosiva, la flora spontanea della piattaforma semipogea di Piazza Garibaldi....in effetti ci sono rimasto male quando ho visto tutto azzerato, rasato.....ma è solo questione di tempo, rinascerà. ciao bruno
Leggere con attenzione la perfetta analisi del Prof.Serpentini( il corrosivo). Niente da aggiungere.
NEN VI PIAC LU TTAPP ???(cit)
L'Ipogeo è la crasi della Giunta Brucchi. Esattamente la Crasi prendeteli a uno a uno. Il sogno. Metterli dentro l'Ipogeo e lasciali dentro. allora acquista un motivo sociale.
La mattina del 6 aprile 2009, mentre alcuni genitori riportavano in salvo dal terremoto dell'Aquila i figli ,io mi trovai verso le ore 8 a passare a Piazza Garibaldi mentre una crivella faceva tremare la terra per i lavori di scavo, mi dissi: il terremoto é una catastrofe naturale e in quel luogo la mano dell'uomo stava facendo tremare l'asfalto circostante per qualche capriccio di qualcuno. Ora li é uno scempio a traffico limitato. Ma non stava bene come era prima?
Mi ricordo perfettamente anni fa che un'assessore comunale ora in regione parlo di questo Ipogeo, Dichiarò che era un progetto veramente innovativo ed utile alla città di Teramo per chiuse il discorso tra amici con la seguente affermazione: " voleva perdere l'ennesima gara...."
Piazza Garibaldi era veramente una bellissima piazza ora non e' altro che un vero scempio. I nostri amministratori sono capaci solo di spendere soldi pubblici in maniera scellerata, di cose importanti proprio non se ne parla.
Dire che fa schifo è poco!. Rimpiango il Sindaco Sperandio.
Una domanda ma il color ruggine che significa?
Non cresce niente, perchè non può crescere niente. Occorre della terra fertile non di riporto, come, evidentemente, hanno usato. Occorre aspettare 7-8 anni e poi potremo metterci un bel prato. A Teramo gli Agronomi vengono utilizzati per tutto tranne che per fare gli Agronomi.
Non smetterò mai di stupirmi di come si sia potuta ridurre una delle piazze più belle d'Abruzzo a questa cosa informe. Delle mie mattine teramane ai tempi delle superiori ( e stiamo parlando di una ventina di anni fa ) la cosa più bella era immaginare la coreografia di Piazza Garibaldi e degli splendidi addobbi che ti davano la dimensione del passaggio delle stagioni. Era un viatico ad una buona giornata, la fontana, poi il passaggio alla villa prima di arrivare al Comi, avevi la misura del rispetto dell'uomo verso un dono della natura. Oggi è un colpo al cuore!!!
Posso capire che per Sindaco e Giunta la nobile arte della zappa è cosa sconosciuta, ma se avessero avuto il buon senso di chiedere una consulenza gratuita a un contadino, il comune avrebbe risparmiato l'assurda somma di 30.000 euro per ridurre all'aridità lo strato di terra all'interno del setaccio. Come afferma l'agronomo, la terra va innanzitutto concimata. Se il Sindaco permettesse l'accesso dei nostri cani su quel terreno...
davvero volete concimare sa cacata?
Architettura e ideologia. Frammenti di riflessioni Poteri e regimi hanno sempre segnato il modo di costruire edifici e città. L’ultima traccia del come una concezione del potere guida la mano di un architetto, è stata nel Novecento italiano il fascismo. Oggi, però, i detentori del potere non sono immediatamente visibili e spesso dirigono il processo di urbanizzazione del territorio attraverso strategie individuali, senza che, a volte, la pubblica amministrazione, ai diversi livelli, sia capace, parafrasando Bernard de Mandeville, di tradurre i “vizi privati” in “pubbliche virtù”. Vi sono anche nella nostra città ampie zone invase dall’istinto, dal compromesso, dall’ibrido, dall’impegno di “restare al centro” un tentativo tanto perseguito in politica quanto in ogni altro campo, ritenendo le posizioni intermedie più convenienti delle scelte nette. Coloro che nei futuri millenni saranno incaricati di decifrare le nostre rovine e si misureranno nel tentativo archeologico di dare un segno, partendo da ciò che resta a ciò che è stato, dovranno misurarsi con una speciale difficoltà. Immaginiamoli fra noi ad esaminare scavi, fondamenta, tracce di opere pubbliche secondo un piano che un gran cartello a colori ci illustra. Essi resteranno, come noi, disorientati dal non senso di quegli annunci, dalla separazione fra il progetto e la realtà. Non c’è mai un limite a nulla. D’altro canto, il concetto di limite, in architettura, è importante. Contrariamente a molti architetti, costruttori e amministratori che pensano ad una progettazione di opere collocabili ovunque, credo che l’attacco a terra, il fondarsi in un luogo, sia un elemento di estrema importanza, che non è solo sovrapposizione al paesaggio ma rapporto con esso, e deve essere risolto in senso progettuale. Da qualche tempo, infatti, molti progettisti, già liberatisi nella pratica dallo “stile” proprio dell’architettura tradizionale, hanno dichiarato un aperto disinteresse ad un linguaggio organizzato, ritenendolo un impedimento alla concretizzazione della propria creatività. Così oltre a ignorare il contesto ambientale, sociale e culturale in cui si opera, si ignora anche il senso dell’adottare un linguaggio comune con altri. Noi pensiamo sia necessario contrapporre alle proprie preferenze, spesso effimere, una razionale motivazione delle scelte, e quindi il rigore e la precisione del comportamento di fronte ai problemi del progetto. Bisogna guardare di nuovo alla città come luogo deputato per ritrovare la propria identità e le proprie radici, evitando “smarrimenti” dietro operazioni di “moda” e dietro qualsiasi logica consumistica, che potrebbero creare un divorzio tra la città e l’architettura. Mai come in questi ultimi anni si è cercato di indagare così a fondo sul significato di "valore" e sullo stretto rapporto che legava rappresentatività e temi collettivi, tempo di maturazione che sempre precedeva la realizzazione di un importante edificio. Quello che emerge oggi è la voglia di predominio e di autoaffermazione di registi e attori del progetto; gli spettatori, però, vedono solo marionette. Una mutazione che dovrebbe far pensare.