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ABBATTUTI SECOLI DI STORIA

di Walter Mazzitti
8 minuti

Un disastro. Da un primo bilancio sono migliaia i monumenti crollati tra Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo. È mancata la messa in sicurezza del patrimonio culturale danneggiato dal primo sisma del 24 agosto. Ridotti a cumuli di pietre chiese, edifici storici, torri e monasteri dalla terribile scossa del 30 ottobre.

Stiamo vivendo una fase della nostra esistenza che non avremmo mai voluto vivere.
Il sisma del 24 agosto scorso ha brutalmente colpito i territori di Marche, Umbria, Abruzzo e Lazio, seminando morte e distruzione. Nell’immediatezza della tragedia si è generato nel Paese un eccezionale moto di solidarietà mentre un’attenzione planetaria, mediatica ed autenticamente umana, ha ottenuto di stemperare, almeno nelle prime settimane, il senso di solitudine, se non quello del dolore degli abitanti delle zone più colpite dei comuni di Amatrice, Arquata del Tronto e Accumoli.
La forza distruttiva del terremoto non ha lasciato indenni i territori già colpiti dal sisma dell’Aquila del 2009, seminando il panico tra la gente che stava iniziando a convivere con i disagi della lenta ricostruzione e favorendo un ulteriore abbandono dei centri storici.
Emblematico il caso del famoso borgo di Castelli, nel teramano, capitale italiana della maiolica, la cui popolazione è scesa da 2000 residenti prima del terremoto dell’Aquila, a meno di 100 dopo l’ultimo sisma.
Domenica 30 ottobre una nuova scossa di una violenza mostruosa ha spazzato via interi borghi, già seriamente danneggiati dal primo evento. In poco meno di 30 secondi il sisma ha abbattuto secoli di storia, torri, chiese e monasteri, rocche e palazzi storici, un patrimonio straordinario che il mondo ci invidia.
Il suolo è sprofondato di 70 centimetri, decine di smottamenti hanno interrotto la circolazione su vie di comunicazione vitali, il Vettore, il monte più alto della catena dei Sibillini è stato squarciato da una profonda fenditura che lo attraversa a poca distanza dalla vetta. Le immagini di un paesaggio infernale ci vengono offerte giorno e notte dai media e ci aggiornano attimo per attimo sui crolli continui delle case di civile abitazione, delle stalle, dei capannoni artigianali i cui prodotti hanno reso famosi nel mondo i territori di Amatrice, Norcia, Visso, Valle Castellana, Pievetorina e Castelluccio, mentre tra i borghi sepolti dalle macerie, migliaia di persone sono costrette ad un doloroso esodo.
L’impegno di ricostruzione, di recupero e restauro del patrimonio culturale, rappresenta un fondamentale complemento all’aiuto offerto alle popolazioni nello sforzo di recuperare le condizioni di indispensabile ritorno alla normalità.
E questo ritorno non sarebbe tale se assieme alle condizioni materiali non fossimo in grado di restituire anche la memoria, il senso della continuità con il passato, la fierezza di vivere in luoghi dove la bellezza è di casa. Dopo le scosse del 24 agosto gli uomini dei Vigili del Fuoco hanno estratto dalle macerie degli edifici storici, per quanto è stato possibile, centinaia tra dipinti, statue e suppellettili sacre. Queste attività sono state seguite dalla popolazione e dagli italiani attraverso i media, con particolare partecipazione: ogni quadro recuperato, ogni oggetto sottratto alla distruzione, ogni immagine sacra estratta dalle macerie delle tante chiese danneggiate, sono stati ammirati da tanti occhi umidi di commozione, di riconoscenza e di ringraziamento.
Poi, d’un tratto, quel patrimonio di ricchezza, che nonostante le evidenti ferite sembrava essere in attesa di un primo intervento di messa in sicurezza, è stato in gran parte spazzato via, travolto dalla furia della terribile scossa del 30 ottobre.
Sgomenti abbiamo osservato le immagini che scorrevano sugli schermi televisivi dei crolli delle torri, dei monumenti caduti come foglie d’autunno, delle mura storiche sgretolate.

E’ stato sconvolgente assistere allo sbriciolarsi
delle strutture della Basilica di San Benedetto nella pazza principale di Norcia.
Il crollo ha travolto la copertura e le pareti delle navate e con esso altari, stucchi, affreschi e arredi sacri.
Eppure la Basilica aveva retto bene al primo urto del sisma del 24 agosto.
Sarebbe stato sufficiente, nei quasi 70 giorni trascorsi tra la prima e la seconda scossa, un intervento urgente di messa in sicurezza delle strutture portanti e probabilmente si sarebbe salvato un autentico gioiello, patrono dell’Europa e simbolo della cultura benedettina nel mondo.
Ma quante altre chiese, quanti altri monumenti storici hanno seguito la stessa sorte.
Nel lungo arco di tempo trascorso i tecnici avrebbero potuto procedere al rilevamento degli elementi architettonici in pericolo di crollo o già caduti, dei frammenti di affresco staccati dalle pareti, attività che avrebbe di sicuro favorito i restauratori nelle future fasi del ripristino, del restauro e della ricostruzione.
Nulla di tutto questo è avvenuto.
Eccesso di burocrazia?
Mancanza di coraggio?
Mancanza di personale specializzato?
Ai posteri l’ardua sentenza. Insomma, ci saremmo aspettati una corsa contro il tempo per la messa in sicurezza dei monumenti più a rischio di crollo che inspiegabilmente non è mai partita. Basta osservare le immagini dei danni provocati dalle scossa del 24 agosto alle chiese di Amatrice, al museo civico ed altri monumenti che conservavano nonostante tutto, ancora la loro originaria struttura.
San Francesco presentava seri danni al suo interno e sulla facciata, ma fortunatamente il tetto non era caduto.
Nel corso di oltre due mesi nessuno ha pensato di puntellare le strutture indebolite dal primo sisma. E così con la scossa del 30 ottobre, la Chiesa di San Francesco, unitamente al complesso monastico restaurato dal Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga e che ospitava dal 2003 il Polo Agroalimentare dell’area protetta, è definitivamente crollata.
È venuto giù il tetto e con esso si sono letteralmente polverizzati gli affreschi e gli elementi architettonici, il chiostro del monastero, superstiti alla prima onda d’urto.
Stessa sorte per la Chiesa di Sant’Agostino, del Museo civico, e di tutti i monumenti cittadini che avevano resistito all’energia sprigionata dal sisma del 24 agosto.
Stessa sorte per le centinaia di edifici storici civili e religiosi che per due lunghi mesi tra Marche, Umbria e Abruzzo e Lazio erano stati fiaccati dalle migliaia di nuove scosse, ma che nonostante tutto stavano ancora in piedi. Dopo aver spaccato i muri, le scosse spaccano anche le coscienze. Alcuni sindaci, nel vedere i resti dei loro monumenti, le chiese squarciate e sfarinate, i campanili crollati, le campane schiantate a terra e gli affreschi triturati dalla terribile ultima scossa, urlano e maledicono le burocrazie, i vincoli, le procedure… Se fossero intervenuti i puntellamenti, avremmo salvato tutto ciò che la mattina del 30 ottobre è definitivamente crollato a terra.
Il latte è ormai versato.
Con un nodo in gola guardiamo avanti. È urgente assicurare la più idonea sistemazione temporanea degli oltre 25 mila sfollati.
È urgente eliminare le burocrazie, snellire i processi, avviare finalmente una pianificazione per la messa in sicurezza dei territori più a rischio dell’area appenninica e fare presto nella ricostruzione delle abitazioni e dei centri storici.Per affrontare questo immane sforzo non sono sufficienti le risorse finanziarie e la disponibilità di tecnici ed esperti, ma occorre anche il senso di una solidarietà partecipe e duratura nel tempo, che supera le barriere sottili delle prime emozioni per costruire reti di amicizia, rapporti e condivisione capaci di crescere e dare frutto negli anni. Questo dovrà essere il nostro impegno per restituire alle popolazioni colpite, i segni della storia, indispensabili anch’essi alla costruzione di un nuovo futuro.

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Commenti

purtroppo per mettere in sicurezza le chiese dovremmo rifarle in cemento armato non di pietra.....
se io fossi un politico teramano con le palle, chiederei al sig. Renzi di firmare lui per la sicurezza di tutte le scuole teramane dove dovranno stare i nostri figli ,con la certezza che quel grembiule non diventi un lenzuolo......tanti soldi spesi per le rotonde che non servono ad un cazzo se non ad arricchire qualche cafone che con la moglie rifatta e con il macchinone si sente padrone della città . i nostri figli, Il solo futuro in questa città ormai terremotata......lo avranno, solo se un giorno il destino come quello di San giuliano non deciderà di farci visita..... riflettete teramani riflettete...
I secoli di storia sono periti a causa del l'ingordigia della classe politica che abbiamo eletto nel corso degli anni. Ora non ci rimane che salvare il salvabile.
I cittadini hanno un'arma incredibile con il voto, ma la usano sempre contro sé stessi, è pazzesco! Io non ho votato né Brucchi né quegli altri scandalosi... la mia coscienza è pulita. Ogni crollo è il risultato di 75 anni di politica corrotta, che gli stessi cittadini hanno scelto. Io più che votare il M5S non so che altro dire... state a guardare le città che crollano e le case distrutte... arrangiatevi...