Montanelli docet. Ve lo ricordate? Scriveva qualche anno fa: “Non ho paura di Berlusconi ma del Berlusconi che è in voi”. Mi perdonerà dal Purgatorio – trattasi, a mio giudizio, di un lavoro ancora lungo per lui – se gli rubo la citazione.Leggo, con attenzione, la lettera aperta scritta dalla Commissione Pari Opportunità. In prima battuta, non volevo intervenire ma, alla seconda e più attenta rilettura, mi sono sentito chiamato in causa. Chiarisco: in primis perché si fa esplicito riferimento alla legge 107 – la Buona Scuola – per intenderci; in secundis perché sono un insegnante di filosofia e quindi avvezzo a trattare temi etici o, se vogliamo, “sensibili”, insieme agli studenti.
Vado per ordine: la legge 107 è un calderone magmatico. Non è mio costume sputare nel piatto dove mangio. Infatti è grazie a questa legge se dopo 10 anni di precariato sono potuto entrare in ruolo nella scuola pubblica. Ma è anche grazie a questa legge se oggi, dopo dieci anni di insegnamento, mi ritrovo ad essere un supplente etichettato dal parolone (privo completamente di significato) di “potenziatore”.Non è affatto una “buona scuola”. È semplicemente una grande “marchetta” amministrativa e politica fatta passare per norma rivoluzionaria. Ma non è questo lo spazio per aprire un dibattito in merito. Viceversa, le consigliere di parità hanno citato nello specifico il comma 16 della suddetta legge, ed è a tal proposito che si declina l’aggettivo “magmatico”. Scrivere, infatti, come fa il legislatore, che “il piano triennale dell’offerta formativa assicura l’attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori”, significa molto genericamente dire tutto e il contrario di tutto. In questo comma, infatti, oltre alla genericità non ci sono elementi di novità sostanziale.
La mia esperienza, prima come discente e poi come docente, mi porta a constatare che da molti anni gli insegnanti educano gli studenti alla tolleranza, all’accettazione, alla comprensione e al dibattito costruttivo alimentati essenzialmente dal buon senso e dall’umana ragione oltre che dal dato esperienziale della storia recente e passata. Umana ragione, che può partorire anche mostri, ma che non ha esclusivo bisogno di norme per essere applicata e condivisa. Aggiungo che, se poi nello specifico lo stesso ministro Giannini deve intervenire con una circolare inviata a tutti i dirigenti, datata 15 settembre, per ribadire alcuni punti di difficile interpretazione della norma, ciò rende ancor più evidente lo stridente magmatismo del comma 16 della suddetta legge. Le mie sono paure? Faccio del terrorismo omofobo? No! Infatti, alle amiche delle Pari Opportunità consiglio di visionare la pagina www.notizieprovita.it. Badate! Non è un sito di crociati. Non è una pagina web gestita da “gesuiti ed euclidei vestiti come bonzi alla corte dell’imperatore…”.
Vi troverete, invece, una serie di progetti educativi, alcuni compartecipati dai Comuni, aventi come oggetto la promozione di una conoscenza del fenomeno gender. Progetti da svilupparsi nelle scuole… chiaramente. La teoria gender esiste. Eccome!Vengo al secondo punto: il ruolo dell’insegnante. Mi consentirete delle provocazioni. I miei studenti sanno che sono intollerante verso gli intolleranti. Sanno anche che la sola pronuncia “negro”, seppure semanticamente corretta, mi fa inalberare. Amo citare Voltaire: “Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire”. Questo è un principio pedagogico, semplice e fondamentale. Educo all’ “altro da sé” da sempre e come me centinaia di ammirevoli colleghi nella scuola italiana. In modo particolare sono convinto che tutti, anche e soprattutto i giovani, debbano esercitare la facoltà di giudizio. Un bel giorno, però, potrebbe accadere qualcosa di spiacevole. Dico potrebbe. Magari si potrebbe divenire oggetto di odio o di scontro… magari ci si dovrebbe difendere da qualcuno malato di eterofobia. E allora potrebbero sorgere dei dubbi. Vi prego, amiche consigliere, sfatatemi questi dubbi. Che dite… sbaglio quando ribadisco ai miei ragazzi che la famiglia è un fatto antropologico e non ideologico?
Sbaglio quando dico che la famiglia naturale è composta da un uomo ed una donna e che il concepimento secondo legge di natura prevede che ci sia il sesso maschile e femminile? Sbaglio quando dico che il bene dei figli deve prevalere su ogni altro, poiché sono i più deboli ed esposti? Sbaglio quando sostengo, e per fortuna non da solo, che i figli non sono mai un diritto, poiché non sono cose da produrre? Consigliere, vi prego, ditemi… sono omofobo? Sono razzista? Intollerante? Educo al razzismo? All’intolleranza? All’omofobia?
La teoria gender esiste. L’omofobia esiste. L’eterofobia esiste. Mi fanno paura.
Io da insegnante mi lascio guidare dal dubbio e da poche certezze. Il dubbio mantiene viva la ricerca. Tra le poche certezze vi è l’articolo 29 della Costituzione: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare”.
Alle amiche consigliere mi permetto, con umiltà, di tracciare un percorso, veramente, di lotta e di politica.
Innanzitutto già il termine “consigliere di parità” evoca in partenza lo scenario di uno stato di minorità.
Un po’ come le quote rosa: io conoscevo le “quote latte” e un giorno dissi anche che avrei voluto anche “le quote pelati” ( io, come l’amico Giancarlo, sono calvo). Perdonatemi la divagazione, ma imporre la partecipazione attraverso una norma non significa sancire una parità né educare alla parità. Significa semplicemente obbligare e quindi trasformare un diritto in un dovere. Quindi, vi chiamo donne. E per favore, donne, incatenatevi, scioperate, indignatevi, lottate ma impedite a chiunque di trasformarvi in merce. Impedite che decenni di battaglie etiche vadano a farsi benedire.
Dite al maschio eterofobo che non può ridurre una donna ad un serbatoio… fate terrorismo di principio e di natura e sfanculate le ideologie. E, con buona pace dell’affabulatore di turno, magari non vi chiameranno più “compagne” o “camerate” ma semplicemente e magnificamente donne. Preziose ed insostituibili.
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Io non pubblico solo le offese. Per il resto è vero, sono amico di Lucia, ma qui la questione non è sulla amicizia ma è politica e di giochi di ruolo. Quindi commentate ma sempre con stile ed educazione. Grazie.
Gentile Collega non amo replicare. Non mi dilungherò. Non era nei toni del mio scritto creare terrore nelle famiglie dei teramani. Ho soltanto esposto il mio personale punto di vista. Visione personale che scopro condivisa da molti. Gli argomenti che ho trattato sono complessi e non tacitabili dalla fiducia che lei pone nella chiarezza di una norma. Chiarezza peraltro discutibile. Cosi come ritengo utile, al contrario della commissione pari opportunità, che un tema del genere trovi spazio in un'assise civica. Ma comprendo... lei ricopre un ruolo politico. Io no. Nel mio scritto le ho posto delle domande... attendevo, magari delle risposte. Ho utilizzato molte volte il condizionale. Rimango convinto, come ho indicato, dell'esistenza di progetti che includono una educazione... come posso dire? Particolare? Gender... omofobia e eterofobia ripeto mi incutono timore. Per ciò che concerne la lesa maestà della figura di parità... signora mi perdoni ma io ponevo la questione sul piano filosofico: parlare di parità dei sessi vuol dire ammettere uno stato di diversità non necessariamente positiva. Collega rilegga di nuovo quello che ho scritto... per una corretta lettura non occorrono master.