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CROLLATA QUASI DEL TUTTO LA CHIESA DI S. AGOSTINO DI AMATRICE. NON PARLIAMO PIÙ DI RESPOSABILITÀ. È LA SCONFITTA DELLO STATO.

di Walter Mazzitti
2 minuti

“Peccato, avremmo dovuto iniziare i lavori di messa in sicurezza del monumento il 23 gennaio”.
Questa la frase pronunciata il 18 gennaio scorso dalla dirigente generale del Ministero per i Beni Culturali appena informata dell’avvenuto definitivo crollo della torre della Chiesa di S. Agostino. Qualche giorno fa, il 29 gennaio, è crollata l’intera parete di sinistra della chiesa. I lavori di puntellamento non erano evidentemente ancora iniziati.

Nel corso di sei mesi dal drammatico 24 agosto, nessuno ha pensato di puntellare le consistenti strutture ancora in piedi di S. Agostino. E così le scosse del 30 ottobre, del 18 e del 29 gennaio, ne hanno provocato il quasi totale azzeramento strutturale. Cosa dovremmo chiedere a quella gentile signora? Ma lei per cosa è pagata? Cosa ci fa nell’emergenza del terremoto? Si sente responsabile per ciò che è accaduto? Non me la sento più di rivolgere domande sulle responsabilità dei dirigenti dello Stato.
Tanto in questo Paese nessuno è responsabile e nessuno paga. Prendo solo tristemente atto che nessuno più in alto della dirigente, dotato di poteri straordinari, o dei vertici istituzionali di governo, sia capace di valutare errori e mancanze dei propri dirigenti e adottare le decisioni conseguenti, soprattutto in situazione di grave emergenza come l’attuale. Invece tutto è lasciato al caso. Come nel resto del cratere. Non solo nell’ambito del recupero del patrimonio culturale. Si pensi alle 450 casette di legno mai giunte ad Amatrice prima di Natale o alle stalle per il ricovero degli animali.
Pressapochismo, incompetenze e irresponsabilità. Conosciamo i risultati. Qualora la chiesa di Sant’Agostino fosse stata puntellata qualche mese fa, sarebbe stata ricostruita con un costo x. Visto che il monumento è oggi quasi del tutto crollato, la sua totale ricostruzione ci costerà cinque volte tanto. Noi, semplici cittadini, non possiamo far altro che prenderne atto.

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