Non entro nel dettaglio della presunta contaminazione delle acque del Gran Sasso d’Italia che in queste ultime settimane ha tenuto la popolazione col fiato sospeso, creando un vero e proprio allarme sociale. Al centro degli interrogativi della gente, la sicurezza dell’acqua che sgorga dalle viscere del Gran Sasso d’Italia, captata a contatto con le strutture del più grande laboratorio sotterraneo al mondo di fisica nucleare.
Le allarmati notizie che si sono intrecciate in un racconto quotidiano e che ha provocato sconcerto e paura tra gli utenti, hanno generato tanta confusione, accentuata da molteplici fattori: lo stato di emergenza dichiarato dalla Regione, la chiusura della captazione dell’acqua sorgiva da parte del gestore, le richieste di danni all’Istituto di Fisica Nucleare, le estemporanee dichiarazioni di amministratori pubblici, un continuo susseguirsi di esami chimici e referti sulla qualità della risorsa.
Alla fine nessuno è riuscito a rassicurare i cittadini sui possibili pericoli futuri per la salute pubblica.
Tuttavia, sembrava, almeno fino a ieri, che si fosse fatta chiarezza sullo scampato pericolo, prendendo finalmente atto che nonostante tutto l’acqua del Gran Sasso non avrebbe subito contaminazioni e quindi non è stata in grado di arrecare danni alla salute pubblica.
La notizia è tratta da una lettera del 2013 dell’Istituto Superiore di Sanità, rintracciata e pubblicata da un sito Web, secondo cui e in estrema sintesi, la presenza dei laboratori nelle profondità del Gran Sasso d’Italia, sarebbe incompatibile con il sito di captazione delle acque per uso potabile.
Il panico torna ad investire di nuovo la popolazione abruzzese.
E così da oggi il cittadino tornerà a domandarsi: l’acqua è contaminata? Possiamo darla da bere ai nostri figli? Che fare?
Intanto, per non sbagliare si fa incetta di bottiglie di acqua minerale.
E si ricomincerà da capo.
Ma insomma, in questa intricata e allarmante vicenda, al cittadino chi ha pensato?
Chi è tenuto a fornire informazioni corrette e rassicurare l’utente?
è tenuto a proteggere il cittadino dal bombardamento di informazioni allarmanti sui pericoli alla salute connessi alla possibile contaminazione della risorsa da agenti chimici utilizzati dai laboratori di fisica nucleare ?
Il cittadino utente non ha alcun potere di incidere nel processo gestionale e la pubblica amministrazione si sente legittimata ad ignorarlo.
E così si rischia di continuare, chissà per quanto tempo ancora, a vivere in uno stato di assoluta incertezza. Il problema è culturale.
Il cittadino, sebbene abbia un sacrosanto diritto, costituzionalmente garantito, ad essere informato, specie se l’informazione attiene ad un bene vitale come l’acqua, è considerato dalla pubblica amministrazione e dai gestori del servizio idrico, un elemento di disturbo.
Ma siamo in Abruzzo.
Dove quando si parla di acqua, si discute di poltrone, di posti da coprire nei consigli di amministrazione, di moltiplicazione di società pubbliche, di assunzioni, stipendi da capogiro, di auto di rappresentanza, ecc.
I costi della politica, gli eccessi e gli sprechi di gestione delle amministrazioni preposte al controllo e alla gestione dell’acqua, sono temi sui quali il cittadino utente nulla può, essendo stato da sempre e volutamente tenuto lontano dal processo politico e gestionale delle risorse idriche.
Con la conseguenza che non si è in grado di fare opinione e denunciare la grave mancanza di una politica e di una strategia regionale, la mancanza di piani di bacino, di piani di tutele delle acque, di investimenti e di manutenzione e il gravissimo degrado delle reti. I cui maggiori costi gravano unicamente sul cittadino utente.
Siamo trattati dai politici come sudditi di un sistema bacato, che fa leva sulla disinformazione, che aiuta a sua volta a distrarre la società dai problemi reali. In questo quadro si muove oggi il cittadino utente di un sistema che se ne frega letteralmente dei diritti costituzionalmente garantiti, delle carte dei servizi, degli obblighi di trasparenza imposti dalle leggi a chi controlla e a chi gestisce.Il tema che oggi è posto dai media alla attenzione dei cittadini sembra essere di una delicatezza estrema: la compatibilità dei laboratori di fisica nucleare con la sorgente del Gran Sasso d’Italia da cui viene captata l’acqua diretta a soddisfare a valle le esigenze di diverse centinaia di migliaia di abruzzesi. Si rischia ancora una volta di vivere nell’incertezza, e dover attendere le decisioni della politica senza poter entrare nel dibattito. Per poter far valere questo sacrosanto diritto è però necessario conoscere a fondo le problematiche. Sarebbe dunque ora far sentire la nostra voce di cittadini e pretendere una volta per tutte il rispetto del diritto ad essere preventivamente informati sullo stato di fatto.
Informare ed educare i cittadini: questa dovrà essere la priorità assoluta per far sì che noi utenti diventiamo soggetti attivi nel processo di gestione. I futuri programmi dovranno tendere al riconoscimento generale dell’importanza dell’acqua come elemento prezioso e vitale che deve essere gestito in modo razionale, tenendo conto dell’ambiente, del rispetto della risorsa, dei principi di solidarietà sociale e della piena partecipazione degli utenti al processo gestionale. Questi i principi più elementari per uscire da quel rapporto di sudditanza con il potere politico che fa solo del male alla qualità dell’acqua, all’ambiente e alla salute.
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