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L'Università e la Ricerca Italiana

di Simona Settepanella
6 minuti

E all'estero? E' una domanda che sempre piu' spesso mi sento rivolgere ogni volta che inizio a parlare dei problemi della ricerca in Italia. Come se questa fosse una soluzione…e forse lo e'.
Lo e' perche' nell'individualismo sempre piu' imperante di questa societa' ogni problema viene approcciato come problema di un individuo e la soluzione e' pensata "ad personam".
Certo che potrei andare all'estero, il problema e' che questa sarebbe una soluzione per Simona, ma una sconfitta per la societa' .
Quando parlo dei problemi della ricerca NON parlo dei miei, ma di quelli di un Paese che sempre piu' vede le sue menti brillanti essere messe in condizione di non poter produrre o andare via (con tutto il corpo, a differenza di altri cervelli che espatriano lasciandosi dietro inutili protuberanze).
Un continuo dissanguamento mortale reso ancora piu' grave dal fatto che siamo sprovvisti di risorse energetiche. Siamo ricchi di risorse mentali che stiamo distruggendo lentamente e nel frattempo spendiamo soldi per costruire centrali nucleari con tecnologia straniera e uranio dalle colonie (degli altri!!! ).

Alcuni si chiederanno come questo problema si cali nel contesto teramano.
Intanto dal numero di lavoratori e denaro che gira intorno a un' Universita' e' chiaro che questa e' sempre una risorsa di valore nel territorio. Che siano dipendenti dell'Universita' stessa o ditte che con questa lavorano, piuttosto che negozi di libri, copisterie, bar, pub, fino agli affitti per studenti, un' Universita' puo' fare la ricchezza della citta' che la ospita.
E' quindi evidente l'importanza che l'Ateneo di Teramo ha nell'economia di una citta' cosi' piccola come la nostra.
Attualmente pero', con l'eccezione di veterinaria, la nostra Universita' e' in "grossa crisi": calo d'iscrizioni e indebitamento la fanno da padrone.Questo fenomeno coinvolge un po' tutte le Universita' italiane, ma quella di Teramo ha una peculiarita' che ne aggrava la situazione. Una caratteristica legata alle scelte di reclutamento (assegni di ricerca, posti da ricercatore, associato e ordinari) che al suo interno si fanno.E' di questa peculiarita' e delle sue conseguenze che vi voglio parlare in questo e nel prossimo articolo.

Prima, pero', di potere affrontare la situazione della nostra citta' e' necessario che spieghi a quanti non sono addetti ai lavori, come funzionano alcune cose nel reclutamento del personale universitario e cosa significa per lo piu' "concorso truccato" nell'ambito universitario.In TV si e' sentito parlare di parentopoli, questo e' effettivamente una parte non trascurabile dell' Universita' italiana, ma non e' nemmeno cosi' significativa come si vuole far pensare (e ve lo dice una il cui cugino si e' visto negare un assegno di ricerca stanziato grazie ad un SUO lavoro, perche' il suddetto assegno doveva andare alla fidanzata del figlio del suo professore…).Per lo piu' i destinatari di concorsi chiusi, cioe' con nome, cognome e codice fiscale, sono i cosiddetti INTERNI (si guardi questo interessante blog:  http://pronosticailricercatore.blogspot.com/p/risultati.html  e quanti dei vincitori sono "interni" ). Cosa significa questo? E' un bene o un male? INTERNO significa che si tratta di un candidato che e' studente (e quindi fa ricerca) con qualcuno all'interno dell'Universita'. Quella degli interni che vincono quasi tutti i concorsi e' una patologia tutta italiana. A questo proposito vorrei pero' spezzare una lancia a parziale giustificazione di questo tipo di scelte.
Infatti teniamo presente che la ricerca e' per lo piu' di GRUPPO, ossia in generale servono piu' persone che lavorano allo stesso problema per poterlo affrontare. In Italia la carenza di soldi e la difficolta' di spostamento fanno si che ci sia scarsissima mobilita', a differenza di altri Paesi come Francia, Stati Uniti, Germania etc… quindi l'unico modo per poter lavorare insieme e' trovarsi TUTTI nella stessa citta'.

In quest'ottica e' comprensibile che un professore voglia tenersi uno studente che e' cresciuto all'interno del suo dipartimento occupandosi delle sue stesse cose.
Inoltre l'INTERNO e' sempre piu' spesso un 35enne, alle volte anche piu', che vive nella citta' da almeno 10 anni e che quindi ha li' la sua famiglia, che li' restera' e che ha tutto l'interesse a investire nell'Universita' in cui si trova. Insomma probabilmente sara' sempre presente, disponibile nei confronti degli studenti e pronto ad aiutare a crescere nuove generazioni di dottorandi interessati alla ricerca in QUELLA Universita' . Questo ovviamente e' solo probabile, mentre e' abbastanza certo che uno che abbia interesse ad andare in un'altra citta' o in un'altra Universita' e' a quest'ultima che dara' la sua "fedelta' ".
Insomma un INTERNO, se bravo, puo' essere un investimento, per una Universita', molto migliore di un altro ricercatore che, seppure ha un curriculum lievemente migliore, sarebbe molto meno presente. Sicuramente un ESTERNO che vuole solo andarsene puo' rivelarsi un pessimo investimento anche se e' molto bravo!
Quella dell'interno e' una specie di "cane che si morde la coda", piu' le Universita' scelgono interni piu' sono poi costrette a farlo. Mi spiego: se le Universita', soprattutto quelle grandi, prendono solo interni allora anche le altre saranno costrette a prendere interni che altrimenti non avrebbero possibilita' di entrare altrove. Insomma ognuno si tiene i suoi. O almeno cosi' e' un po' ovunque, tranne in poche e rare Universita' che sono "colonie" di grandi Atenei. Cosa accade nelle colonie?
Negli Atenei colonie o satellite accade esattamente quello che accade nelle colonie geografiche: sfruttamento delle risorse da parte delle grandi potenze con un ritorno minimo o nullo sul territorio stesso. Parimenti le popolazioni delle colonie si vedono depauperate dei loro beni e diritti senza possibilita' di migliorare o ottenere qualcosa in cambio. Il risultato e' che un abitante delle colonie emigra altrove appena puo' e difficilmente qualcuno decide di trasferircisi. Quanto e' grave essere colonie? Quali sono le conseguenze?

E Teramo? E Teramo? Nel prossimo articolo andremo a vedere cosa accade nell'Universita' della nostra citta'.
"Il colonialismo si definisce come l'estensione della sovranità di una nazione su territori e popoli all'esterno dei suoi confini, spesso per facilitare il dominio economico sulle risorse, il lavoro e il commercio di questi ultimi"
 

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Gent. ma Simona; Personalmente sono un profano rispetto alle dinamiche che regolano i meccanismi di assunzione nei vari Atenei del nostro paese. La ringrazio per il contributo che da, alla mia ed all'altrui conoscenza, poichè sono fermamente convinto che la conoscienza possa agevolare sulla strrada della coscienza. Vorrei rivolgerLe una domanda ma senza che questa nasconda la benchè minima vena polemica: Come mai, vista la pochezza di mezzi, la cecità dei nostri politici e l'inconsistenza del nostro mondo economico il nostro paese riesce sempre a sfornare un buon numero di talenti che tuttoil mondo ci invidia anche se spesso, per poter lavorare ad alto livello, debbono emigrare all'estero? Le rivolgo questa domanda per puro spirito di curiosità, perchè spero che mi possa aiutare a colmare questa lacuna e La ringrazio anticipatamente se vorrà perdere un pò del suo tempo per risponfermi.
Gentile Portobello, questa domanda e' un po' difficile e posso risponderle solo con quella che e' la mia opinione. Intanto tenga presente che quella che e' cosi' desiderata all'estero e' una generazione ben particolare. Potremmo dire, anno piu' anno meno, quella dei giovani che oggi hanno tra i 30 e 40 anni. Cioe' quelli che si sono formati alla vecchia scuola. A differenza dei neo laureati di ora che hanno una preparazione sempre piu' scadente. Il motivo credo sia semplice e ha radici lontane. Possiamo dire che sia stato il frutto di un percorso di crescita del nostro Paese negli anni che vanno dal dopo guerra fino alla fine degli anni '70 (crescita di cui ha usufruito la generazione che ora ha 30-40 anni). Infatti in questi anni la cultura si e' diffusa, la Scuola e' diventata sempre piu' accessibile a tutti, mantenendo il rigore di quando a frequentarla erano in pochi "eletti". Tutto questo, insieme alla ricchezza, ha determinato un periodo di APERTURA delle classi SOCIALI. Insomma i figli di contadini capaci riuscivano a diventare dottori! Cosi' si e' creato un sistema di qualita' . Quindi i nati tra gli anni '70 e '80 hanno usufruito di tutto cio'. In particolare la quantita' delle cose che venivano insegnate e' andata sempre piu' crescendo (pensi che quello che e' stato l'esame di analisi I e II a matematica di mia madre nel '72 e' stato, approssimativamente, il mio programma di quarta e quinta liceo nel '93....dovrebbe bastare a rendere l'idea). Questo grazie al fatto che, essendo la mia generazione gia' figlia di genitori alfabetizzati l'apprendimento e' stato molto piu' facile: siamo partiti avvantaggiati (se ci pensa bene e' logico: un po' come il figlio di un avvocato che cresce tra le carte del padre. Sicuramente se ama la professione, partira' gia' piu' avanti di chi ha zero esperienza alle spalle. L'ambiente in cui cresciamo ha un'importanza rilevante ai fini di cio' che poi apprendiamo). A tutto aggiungerei una classe insegnante di valore. Che se ne dica, molti insegnanti negli anni hanno svolto il loro lavoro coscienziosamente e con impegno. Non solo: molti "figli di contadini" capaci sono diventati insegnanti e questo era percepito come un salto di classe sociale. Per cui l'insegnamento era ancora a fine anni '70 un lavoro "prestigioso". L'insegnate era riconosciuto e quello che diceva indiscusso. Ora sembra che un insegnante sia un buono a nulla che ne sa sempre di meno del genitore. Inoltre la preparazione delle nostre scuole (e dell'universita' poi) era molto di base: tanta teoria che metteva in condizioni poi di imparare. Insomma insegnava ad imparare piuttosto che insegnare un mestiere tout court. Questo nella consapevolezza, secondo me giusta, che e' meglio fornire gli strumenti per avere un cervello sveglio e capace di apprendere che insegnare 4 cose. Un po' la differenza che c'e' tra insegnare a pescare e regalare 4 pesci. Per imparare il mestiere c'era l'aprendistato dall'artigiano, non serviva la scuola. Questa cosa aveva anche un altro vantaggio: l'insegnamento di base e' molto MENO costoso. Infatti evita di doversi sobbarcare i costi di laboratori, materiali etc... Ancora aggiungerei una capacita', tipica degli italiani, che potremmo chiamare "l'arte dell'arrangio". Di quest'arte, cioe' della capacita' di trovare sempre nuove strade, di inventare ed inventarsi , insomma una spiccata fantasia creativa siamo tutti abbastanza dotati. Certo poi spesso viene usata nelle direzioni sbagliate, ma questo e' un altro discorso. Questa capacita' puo' sembrare scontata e tipica di tutti, ma NON lo e'. Nella maggior parte del mondo questo dono MANCA totalmente e lo si nota andando in giro. Le faccio un esempio: ha mai provato a parlare con un francese senza usare un accento perfetto? Impieghera' 2 ore prima di capire...un italiano sa gia' cosa ti serve ancora prima che hai finito la frase anche se usi un italiano maccheronfrancese! Ha mai provato a dire a un cinese di fare una cosa senza avergliela spiegata fin nei minimi particolari? La maggior parte dei cinesi sono come delle fotocopiatrici. Mai che stampino una parola da soli! Lo stesso vale per la scarsa fantasia delle popolazioni anglosassoni. Ovviamente la mia e' una generalizzazione, non parlo di casi particolari, ma di "massa". Insomma credo che la spiegazione della qualita' delle menti nostrane sia un mix di creativita', di interclassismo (intesa come la possibilita' di cambiare la propria classe sociale in base ai meriti) e di una scuola veramente buona. Cose che, vede bene, abbiamo perso progressivamente a partire dai primi anni '90, quando e' iniziato il declino. Quanto sopra e' chiaramente una mia interpretazione di quello che e' , pero', un fenomeno reale. Mi spiego: se e' vero che quanto sopra e' una mia idea, discutibile, opinabile ed esposta anche in maniera abbastanza superficiale (molto altro ci sarebbe da dire), e' invece CERTO che la media dei ricercatori italiani (almeno per quel che riguarda le scienze, l'ingegneria e l'economia, le altre realta' le conosco meno) e' SALITA PROGRESSIVAMENTE e ha raggiunto il suo culmine proprio con la generazione di cui sopra. Diciamo che e' il risultato di un investimento di tutti. La cosa triste e' che dopo 40 anni, quando e' arrivato il momento di mietere il raccolto e godersi i frutti, stiamo dando fuoco a tutti i campi. Cosi' da fare terra bruciata. La cosa ancor piu' triste e' che con l'introduzione dei 4 maestri, i cambi di programma, l'autonomia, la riforma Berlinguer dell'Universita' e tutta una serie di cambiamenti introdotti dalla seconda meta' degli anni '90, stiamo DISTRUGGENDO anche le sementi!!!! Per cui non solo stiamo disperdendo il raccolto che ci avrebbe dovuto fare ricchi, ma stiamo facendo piazza pulita di quanto ottenuto prima e stiamo tornando indietro. Mentre io come laureata ero piu' preparata di chi si era laureato 15 anni prima di me, la preparazione dei laureati di oggi e' veramente scadente confrontata a quella di 15 anni fa. Quindi le risponderei cosi': per capire il valore dei ricercatori di oggi si deve andare a vedere i mezzi, i politici e il mondo economico di 30-40 anni fa. Mentre il risultato della pochezza che ci affligge da quasi 20 anni si sta vedendo con i laureati di ora. Perche' la realizzazione di una qualita' diffusa e sistemica richiede tempo, meno la sua distruzione. Spero di aver risposto alla sua domanda. Se invece no, chieda pure. Cari saluti Simona
Come diventare Prof all'università? abile lingua, raccomandazione politica, corruzione... cos'altro? la bravura... uhahuauhauhauhhuahuahuauhaahu l'università italiana è una truffa immensa, per un ricercatore bravo ci sono 9 inutili, che fanno ricerche finte quando le fanno. Gli associati o ordinari...? una manica di cazzari....
@FDL permettimi di dissentire. Quello che dici e' quello che vogliono far credere a chi guarda la televisione, perche' in questo modo e' molto piu' facile tagliare e quindi distruggere qualcosa che invece funziona nonostante tutto. Il rapporto a voler essere onesti e' di almeno 4 a 1. Ossia per ogni 4 ricercatori bravi ce n'e' uno che non lo e' poi tanto. Ma non credere, quelli veramente scadenti sono molto meno di quanto si creda. Lo stesso vale per associati e ordinari. E' vero che intorno ai primi anni '80 e' stata fatta una grande infornata di cui ancora ci sono gli strascichi, e' vero che ci sono persone che sono meno meritevoli di altre eppure hanno una posizione migliore. E' vero che ci sono Universita' in cui la qualita' della ricerca e' piu' alta e altre in cui lo e' meno, cosi' com'e' vero che i corsi di laurea non sono tutti uguali: dove ci sono piu' interessi e soldi o la valutazione della ricerca e' meno ogettiva e' piu' facile che ci siano situazioni poco pulite. Ma le cose non sono cosi' negative come le descrivono. Il qualunquismo e' il miglior modo per criticare senza costrutto. Per quel che riguarda le ricerche finte...be', chi decide quanto e se una ricerca ha valore? Non ascolterei troppo la televisione, tantomeno quello che dice il Ministro Gelmini che ha imparato a memoria 5 esempi e li ripete costantemente. Vedi il mio penultimo lavoro descrive un complesso algebrico omotopicamente equivalente al complementare di alcuni arrangiamenti torici. Ti sembra interessante? Eppure, pensa un po', si e' scoperto che le posizioni di stabilita' di un robot che deve camminare su terreni accidentati (tipo Marte) sono descritte da questo complesso per un arrangiamento molto particolare. E' possibile farsi un'idea del valore di un ricercatore e della sua ricerca. Basta guardare le sue pubblicazioni e le riviste su cui sono. Esiste un database che e' quello dell'ISI web of Knowledge (sfortunatamente serve un abbonamento) che censisce solo le migliori riviste tramite il Journal citations report. Non accade sempre, ma spesso le riviste dicono se sono censite ISI. Per esempio il J. of Math Sociol. ( http://www.tandf.co.uk/journals/titles/0022250x.asp ) scrive: "©2010 Thomson Reuters, 2009 Journal Citation Reports® ranks Journal of Mathematical Sociology in" che significa che la rivista e' censita dal database dell'ISI, cioe' e' valida. Quanto valida poi dipende dal suo punteggio. Detto questo se vuoi farti un'idea tua invece di riproporre frasi fatte, ti consiglio di prenedere un po' di curricula di professori (per esempio all'Universita' di Teramo) e vedere dove sono pubblicati i loro lavori. Cordialmente Simona Settepanella
Gent.ma Simona; COMPLESSO ALGEBRICO OMOTOPICAMENTE EQUIVALENTE!!! sinceramente per me è decisamente troppo; non mi sento proprio all'altezza ma stranamente, data la mia innata idiosincrasia per la matematica che risale ai tempi delle scuole medie, colgo nel suo modo di porgere le cose un fascino che esercita in me un'attrattiva per una materia che mi sento ripetere sempre più spesso dovrebbe essere coltivata e non snobbata. Addirittura una mia carissima amica, docente di matematica, mi ha detto che per conoscere l'Universo occorre conoscere la matematica perchè, se Dio c'è, è sicuramente quello il codice che ha usato per costruirlo ed allora perchè non approfondire la cosa????? Ma un profano puro come me, dove può reperire il fascino che questa materia sembra contenere e che i suoi cultori paiono tener ben stretto a sè, quasi fossero amanti gelosi che temono di perdere la persona amata??? E se Lei che ci sta dentro alla grande ( perdoni il tono forse troppo confidenziale ), aiutasse tutti noi offrendo un pò del suo sapore attraverso questa sua rubrica??? E se ci aiutasse a guardare questo mondo con meno diffidenza??? E se...mi sembra che quelli bravi sono particolarmente comprensibili quando parlano anche di cose magari apparentemente complesse; che dice ce la da una mano a non vedere i numeri ed il loro mondo come qualcosa di lontano e magari ci aiuta a scoprirvi un fascino non dissimile da quello delle poesie di Leopardi, di Rilke o ad un monologo di Milosz o di Rondoni???? CI PENSI E...PERDONI LA SFACCIATAGGINE.
la ricerca ... la ricerca..... huauhauhahua il qualunquismo non c'entra nulla, l'Università è un mondo autoreferenziale, partitico e famiGliare. non esistono criteri meritocratici, una riforma decente sarebbe quella di chiudere completamente. Abbiamo in Italia ormai una concentrazine tale di università da far invidia agli Stati Uniti! Ti consiglio di richiedere i Bilanci di una qualsiasi, ti renderai conto della verità. Oppure vediti qualche valutazione comparativa, qualche assunzione di personale TAB,
@FDL il problema dei suoi commenti e' l'assolutismo. Vede quando si fanno delle affermazioni assolute si puo' essere certi al 99% di sbagliare. Le faccio un esempio: "non esistono criteri meritocratici" FALSO, le posso portare degli esempi io stessa proprio usando una serie di verbali di valutazioni comparative di cui parla sopra. Non ne servono nemmeno molti, ne basta UNO. Infatti la negazione logica della sua affermazione e' : "esiste almeno un criterio meritocratico" e le posso dimostrare con vera semplicita' che NON solo esistono i criteri meritocratici (sanciti dai decreti legge, ultimo quello Gelmini), ma ci sono diversi casi in cui vengono utilizzati. Ancora: "Abbiamo in Italia ormai una concentrazine tale di università da far invidia agli Stati Uniti!" Questa e' una sua opinione. Se dice una cosa del genere, facilmente motivabile con i numeri, dia dei numeri. Quanti college tra privati e pubblici ci sono negli USA? Qual e' la proporzione per abitante? Faccia questa ricerca e poi ne riparliamo. Forse e' ora che le persone si basino, dov possibile, su fatti e numeri per dire la loro invece di ripetere frasi senza fondamento. I Bilanci di una Universita' sono materia oltremodo complessa. Penso che per studiarmi seriamente il Bilancio anche solo di una piccola Universita' avrei bisogno di 8 ore di lavoro al giorno per almeno un mese. Lei quanto ha impiegato per leggere il Bilancio di una Universita'? Perche' se invita me a farlo vuol dire che lei l'ha gia' fatto ed e' da quello che ha tratto le sue conclusioni. Visto che allora ha gia' fatto questo lavoro potrebbe illustrarci cosa ne ha dedotto? Conti etc...in modo che anche noi si capisca. Infine mi invita a vedermi qualche valutazione comparativa. Penso si riferisca ai verbali. Si stupirebbe di sapere QUANTI ne ho letti (sa com'e', volevo vedere i giudizi su di me). Nel mio settore...a proposito, visto che e' cosi' informato di com'e' l'Universita' dentro ne deduco che si basi su esperienze personali, mi stupirebbe una tale mole di informazioni che siano solo un sentito dire o la semplice "riproduzione" di opinioni altrui...dicevo, nel mio settore, Geometria, conosco TUTTI quelli che sono precari e molti di quelli che hanno vinto un concorso negli ultimi 10 anni (pochi davvero in verita'...non fosse stato per Mussi, praticamente non ce ne sarebbero stati). Quelli che non conosco personalmente conosco per curriculum, ossia so in che settore specifico lavorano, quanti e quali lavori hanno pubblicato, il valore delle riviste su cui hanno pubblicato, dove si trovano ora, chi e' il loro capo (e di quale gruppo fa parte) e cosi' via...insomma ho tutti gli strumenti necessari per farmi un'idea e le assicuro che per la maggior parte sono molto meritevoli e bravi. Concludo dicendo che poi, secondo me, la valutazione comparativa e' una BOIATA colossale. Perche' nella ricerca ci sono tutta una serie di fattori che non possono essere valutati con una comparazione e che sono importanti anche piu' di quei pochi comparabili. Ma qui entriamo in un altro argomento molto complesso. Con cordialita' Simona Settepanella