In principio fu la Banca di Tancredi.
Anzi, la Bancarella di Tancredi. Così i denigratori dell'iniziativa dell'Onorevole bollarono la nascita di un nuovo istituto di credito in città.
Un istituto di credito cooperativo, le vecchie casse rurali, quelle che servivano le zone di campagna, viste con sufficienza e distacco nella città.
Non tutti avevano capito che quella definizione ha rappresentato per oltre tre lustri la vera forza della banca.
Il motore capace di portarla dove in pochi avevano pensato potesse arrivare.
E in pochi avevano immaginato che quando la Banca avesse cessato di essere "di Tancredi" e diventare effettivamente "di Teramo", sarebbe stato l'inizio della fine.
Avvenne giusto quattro anni fa, forse qualche giorno prima, esattamente quando Antonio Tancredi intraprese il suo ultimo dei tanti viaggi verso Roma, destinazione questa volta Policlinico Gemelli, e da lì non vide più la sua Teramo.
Ebbene proprio quel giorno, qualcuno, che fino ad allora aveva visto inibito anche il suo solo ingresso all'interno dell'edificio dall'Onorevole, salì al primo piano e iniziò a comandare.
Gli ultimi quattro anni hanno raccontato solo di una lunga agonia di un istituto bancario che non era più quello del 1996.
Una banca che, come recitava un fortunato spot pubblicitario del credito cooperativo, era differente dalle altre. Una banca che sapeva anche violare la sacralità del sabato del bancario perché c'era da correre a riattivare uno sportello bancomat.
Un cliente aveva chiamato Tancredi per lamentarsi e tempo dieci minuti l'operazione era stata portata a termine.
Il socio e cliente prima di tutto e di tutti.
I teramani con il passare degli anni avevano cominciato a capirlo e la "bancarella" era diventata Banca.
Bastava poi accompagnare Antonio Tancredi in giro per convegni e riunione per accorgersi di quanto fosse tenuto in considerazione.
Alle riunioni del Credito Cooperativo si faceva la fila per salutarlo, chiedergli un consiglio, scambiare un parere.
Lo facevano tutti, indistintamente. All'Abi era la stessa cosa, era incredibile vedere quanta gente conoscesse e come era trattato.
La stretta di mano con Mario Draghi a Roma racchiudeva tutto questo. Il disegno di una banca del territorio era, in quel periodo storico (la seconda metà degli anni 90) tanto elementare quanto geniale. La Tercas stava finendo di essere Cassa di Risparmio e iniziava ad inventare banca di finanza.
L'intuizione di Tancredi fu quella di inserirsi in un segmento di mercato lasciato libero. Ebbe successo. Fu accusato di fare politica con la banca e questo era anche vero.
D'altra parte chi non lo faceva? La storia ci ha insegnato che tutti gli istituti di credito, grandi o piccoli, seguivano e creavano l'onda politica.
Ma quella che si faceva in Via Savini prima e in Viale Crucioli poi era la Politica e non politica.
Un esempio su tutti: il nome di Gianni Chiodi candidato a sindaco di Teramo venne fuori proprio da quelle stanze.
Tancredi rifiutò la candidatura dicendo che indietro non si torna e indicò Chiodi come candidato ideale.
Il resto è storia contemporanea. Anche la gestione del credito aveva una sua logica, ma mai pericolosa per la banca.
Tancredi sapeva essere anche duro come quando costrinse un consigliere di amministrazione il 14 di agosto a tornare dalle vacanze che stava facendo a Cortina d'Ampezzo per versare soldi sul conto.
E poi il lavoro e la cultura.
I dipendenti erano sacri e uno degli ultimi pensieri prima di lasciarci fu proprio per alcuni di loro.
Pensiero rimasto lettera morta perché l'esercizio principale del management sembrava quella della detancredizazione della banca.
I fedelissimi dell'Onorevole? Trattati come appestati.
E poi la cultura.
Lo statuto della BdT prevedeva il sostegno e il finanziamento di attività culturali in città. L'inaugurazione della Sala Carino Gambacorta ma lo stesso acquisto e ristrutturazione della sede centrale di Viale Crucioli fanno capire quello che era la finalità voluta dal fondatore.
Le mostre di artisti locali e non, le presentazioni di best seller con la partecipazione degli scrittori, le iniziative portate avanti con esposizioni in tutto il mondo.
Tutto cancellato con un colpo di spugna nel giro di pochi mesi.
La cultura adesso non c'è più ci sono solo crediti deteriorati che qualcuno vuole addebitare ai 14 anni di gestione Tancredi.
Impossibile crederci per chi quegli anni li ha vissuti e analizzati. Ė vero, gli amici avevano sempre un canale preferenziale ma tutte le operazioni erano vagliate.
La Banca di Teramo aveva clienti eccellenti anche dal punto di vista politico, di destra e di sinistra.
Discorso a parte merita il management o meglio le figure del consiglio di amministrazione e del Direttore Generale.
Gli amministratori erano scelti dal Presidente uno per uno, cambiavano pochissimo e il Cda era in pratica blindato. Stesso discorso per la figura apicale della dirigenza.
Dopo le esperienze di Alonzo e Venturoni ci fu la nomina di Roberto Profeta, uno che la banca l'aveva creata insieme a Tancredi.
Il percorso di crescita di Profeta terminava proprio in quel momento è sembrava essere la degna conclusione di un binomio inscindibile.
Il tutto tenendo conto di costi e spese che non dovevano mai essere scellerate. Pensate che l'auto blu della Banca era la Lancia Thesis di proprietà dell'Onorevole. Alle varie riunioni lui si compiaceva del fatto che vedeva tutti gli altri presidenti con la stessa auto. "Ma quelle sono delle banche" gli si faceva notare, "che importa, loro mica lo sanno che questa è mia. Mica ci chiedono il libretto" era la risposta.
Alfredo Giovannozzi
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