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Il corrosivo: E’ che mi sono spaventato per il ruolo

di Elso Simone Serpentini
6 minuti

E’ che mi sono spaventato per il ruolo.
Tutti (scusate l’immodestia: molti. Anzi, scusatemi ancora: alcuni) a dirmi: “Scrivi qualche cosa sulla crisi della giunta Brucchi”.
Scrivi del documento dei gattiani”, “Scrivi su quello che sta succedendo...”.
E a scrivere ci ho anche provato. Pensate che mi ha invitato a farlo anche il buon Falconi, che organizza e tiene in vita questo blog.
Era la prima volta che lo faceva.
Finora si era limitato ad ospitare i miei interventi, senza mai censurare nemmeno una virgola, ma sollecitandomi su singoli e speciali argomenti, limitandosi a generici incoraggiamenti a scrivere il più sovente possibile.
Ma anche il suo invito è rimasto, purtroppo, senza esito e non ho scritto.
Ci ho anche provato, ma che dire?
Come prendere sul serio le cose che stanno avvenendo in comune e nella politica teramana?
Dopo aver analizzato il documento dei gattiani ed essermi accorto che mi toccava commentare il nulla, tutte le altre vicende apparivano così risibili e ridicole che nemmeno il divino Aristofane sarebbe riuscito a rappresentarle, anzi... simili firme, quella dell’ateniese illustre e quella dell’altro illustre pescarese (Flaiano), non andrebbero nemmeno scomodate.

Dimissioni  forse finte e forse destinate a sfociare in un ritiro non certo clamoroso, una sorte di dimissioni dalle dimissioni, rimpasti e rimpastini di vecchi affettati tratti già guasti da un frigorifero aperto troppo poco, democristianerie d’antan, come vecchi merletti senza più arsenico, brucchiche opacità e rilanci di pokeristi ormai spiantati e senza più fiches... tutto questo doveva essere il materiale (poco organico) del mio scritto?
Non me la sono sentita.
E’, come dicevo all’inizio, che mi sono spaventato per il ruolo, quello di dover raccontare una fine che in troppi si ostinano a voler far rassomigliare ad un inizio, ad una discesa senza fine che in troppi vorrebbero far credere sia invece una salita.
Nessun evento in sé preso né in connessione con gli altri merita dignità di racconto.
Agostino d’Ippona fu testimone della decadenza di Roma e del suo Impero senza riuscire a raccontarcela, lui che era l’intellettuale più illuminato del suo tempo, e si vorrebbe che qualcuno assumesse il ruolo del narratore della morte di questa città che non è più nemmeno una città: Teramo? Mi si perdoni per l‘accostamento, irriverente.                                                                                                                                                                                                                                                                                                           Ci stanno provando, alcuni, a descrivere il fenomeno della decadenza teramana, taluni arrabbiati e fuori le righe, altri più misurati e consapevoli, altri ancora dondolanti tra l’invettiva e l’analisi critica. Ma è tempo sprecato. Davvero non ne vale la pena. Ponendo termine ad un altro, più breve, letargo della mia penna riguardo a queste questioni cittadine, intingendola nel calamaio dove tengo riposto l’inchiostro meno nobile dopo averlo estratto dagli altri, dove invece l’inchiostro è assai più di pregio - adeguato come deve essere ad argomenti di spessore di gran lunga maggiori e più importanti -  vergo solo due righe, per esprimere il senso di inadeguatezza all’assunzione di un ruolo che mi spaventa assumere. Raccontare il continuo e ridicolo epilogo di un’amministrazione senza senso e senza ragione? Di un intrecciarsi di nullità senza confronti? Di decisioni riguardo alle quali quelle dei topi e delle rane in conflitto tra loro paiono addirittura eroiche?                                                                                                                                                                                                                                                                     No, grazie. Provare spavento per un ruolo non è resa, né sovraccaricare di rilievo e di importanza ciò che non ha un solo briciolo né dell’uno né dell’altra. Non è un sentirsi troppo piccoli, ma un sentirsi troppo grandi, non è un sentirsi Gulliver di fronte ai giganti, ma un sentirsi Gulliver di fronte ai nani. E i nani, che siano sette o di più o di meno, lasciamoli a se stessi, avvolti nelle loro piccinerie, anzi, togliamo loro pure Biancaneve, affidandola al Principe Azzurro. Lasciamo che i microbi si azzuffino tra di loro e usiamo uno strofinaccio per spazzarli via tutti. Si sentono più grandi di quanto non siano i microbi?
 Bene. Non sono più grandi, per quanto pensino di esserlo, di insetti. Per loro basta un buon insetticida.
Chi preme il bottoncino del tubetto spray?

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Commenti

La cosa più intelligente che abbia letto sull'argomento in qusti gioni. Oltretutto, se è vero che non ne valga la pena scriverne, non ne vale neanche la pena leggerne...
PROF. mi sembrate Cacciari quello di VENEZIA....il filosofo a volte mi sembrate la reincarnazione di Socrate...ma a furia di spruzzare DDT forse non inquinerete anche voi ?....Allora volete scendere in campo ma che aspettate..ci volete liberare senza inquinare anche voi???
Grande Prof. quelli della foto come li definiresti ? forse "lavoratori socialmente inutili" ? ...anzi dannosi ?
La classe non è acqua.....