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SCONGIURARE L’ABBANDONO DEI TERRITORI TUTELANDO I PRODOTTI TIPICI DELL’APPENNINO

di Walter Mazzitti
8 minuti

In previsione della annunciata assemblea che nei prossimi giorni sarà chiamata a definire le priorità e le azioni da contenere in un auspicabile “Patto per l’Appennino abruzzese”, anticipo primi spunti di riflessione e proposte concrete a supporto del rilancio dell’economia di montagna drammaticamente danneggiata dal terremoto e dai recenti eventi naturali eccezionali.
L’esperienza mi insegna che l’emergenza, come quella che stiamo vivendo, vada affrontata con una programmazione globale, ma intervenendo su due paralleli diversi livelli. Il primo, più in generale, dovrà favorire, attraverso un’ efficace strategia e nei tempi dovuti, la ricostruzione post sismica, il riequilibrio fra sviluppo economico ed esigenza di tutela dell’integrità, il riassetto idrogeologico, la messa in sicurezza del patrimonio edilizio, la valorizzazione della montagna e del patrimonio storico artistico, il rilancio del commercio e dell’artigianato.

Il secondo livello mira a promuovere e realizzare, in tempi rapidi, un modello di sviluppo settoriale, dell’economia, del tessuto territoriale, ambientale e sociale, innovativo e replicabile. L’obiettivo è quello di riuscire a frenare l’abbandono dei territori da parte delle popolazioni profondamente turbate dagli effetti dei drammatici eventi subiti, incrementando e mantenendo in montagna presidi stabili e di infondere nelle stesse comunità l’utopia necessaria secondo la quale è possibile restare nella propria terra, partecipare attivamente alla sua rinascita e continuare a vivervi un destino non scontato. In tale prospettiva un primo modello di sviluppo, prioritario e vitale per l’economia della montagna appenninica dovrà essere adottato per favorire il rilancio delle attività agricole e pastorali e dei prodotti tipici di qualità.   Purtroppo negli ultimi decenni, l’abbandono forzoso della montagna, non provocato ancora dagli effetti devastanti degli eventi sismici, ha fortemente inciso sulle produzioni agricole e sugli allevamenti, ridotti al mero mantenimento dei pochi nuclei familiari, ormai privi delle braccia dei giovani, che con la loro perseveranza hanno evitato il definitivo abbandono e la perdita dei borghi montani. Nei primi anni del 2000, il Parco del Gran Sasso e Monti della Laga, nella convinzione che la tipicità, il valore antropologico dei prodotti tipici dell’Appennino, la loro elevata qualità, costituissero un valore aggiunto formidabile in grado di trasformarsi in una grande opportunità economica e sociale, decise di “scommettere” su un modello di sviluppo che, partendo dalla conservazione delle tradizioni dei territori, puntasse ad innovare i processi produttivi e a dare nuovo impulso al tessuto economico e sociale delle aree rurali montane. La popolazione agricola del Gran Sasso d’Italia venne avvicinata e sensibilizzata alla valorizzazione etica e sociale delle attività tradizionali, promuovendo una prima virtuosa aggregazione dei produttori, assicurando sostegno alle attività di trasformazione e commercializzazione dei prodotti e alla resa di una serie di servizi di supporto. Fu intrapresa una innovativa campagna di comunicazione e si puntò, con successo, alla partecipazione dei produttori a saloni nazionali e internazionali di settore. Si dette così vita ai primi consorzi tra allevatori, produttori ed enti locali, per la produzione e la commercializzazione, tutti inseriti nella lista dei presidi Slow Food, del Pecorino di Farindola, del Canestrato di Castel del Monte, della Lenticchia di Santo Stefano di Sessanio. Azioni mirate furono avviate per la valorizzazione di altri prodotti di qualità come la mortadella di Campotosto, la patata viola, i salumi dell’area del Gran Sasso d’Italia, i mieli, ecc.   Fin da allora i Consorzi costituiti con l’apporto determinante del Parco, hanno invertito la tendenza all’esodo ed alla frammentazione ed hanno rappresentato un concreto esempio di sviluppo particolarmente significativo nelle aree svantaggiate. Purtroppo i lusinghieri risultati ottenuti sono stati del tutto ignorati dalla politica, omettendo in maniera del tutto ingiustificata, ogni forma di sostegno volto all’incremento degli allevamenti e delle produzioni e al miglioramento della qualità del prodotto. Alcuna iniziativa è stata assunta dalle istituzioni regionali per favorire la replicabilità del virtuoso modello di sviluppo in altre aree della montagna appenninica. Ciononostante i Consorzi si sono sviluppati autonomamente dando lavoro a decine di aziende e i loro prodotti si sono posizionati con successo nel mercato delle eccellenze della filiera agroalimentare nazionale. Poi il disastro degli ultimi otto mesi. I drammatici effetti dei ripetuti terremoti e degli eventi eccezionali che hanno colpito l’Abruzzo impongono un sostegno immediato ai consorzi esistenti in termini risarcitori dei danni subiti a causa dei crolli delle stalle e della perdita degli animali e l’assegnazione delle risorse necessarie per garantire la continuità nelle produzioni. Promuovere, acquistare e far acquistare i prodotti di qualità del nostro appennino equivale ad offrire un segno tangibile di vicinanza e solidarietà a quei produttori duramente feriti, tentati dall’abbandono dei territori e che rischiano comunque di perdere definitivamente fiducia e entusiasmo. Siamo il paese più bello, più buono e più ricco del mondo e l’Appennino e il Gran Sasso d’Italia ne sono una componente assai rilevante. Abbiamo dunque il dovere di aiutare la nostra gente di montagna a reagire, alzare la testa e recuperare ciò che è stato perso e renderlo ancora più buono e appetibile. Non possiamo permetterci di perdere questa occasione. Il modello virtuoso che negli anni è stato realizzato, va consolidato attraverso solidi strumenti che consentano ai nostri produttori di accedere a mercati più ampi ed appetibili superando le frontiere del nostro Paese. I prodotti tipici dell’appennino abruzzese possiedono tutte le qualità e le caratteristiche per ottenere l’attribuzione della certificazione di qualità europea (DOP). E qui L’Amministrazione regionale, potrà quantomeno dimostrare di voler recuperare il tempo perduto, decidendo di dare concreto supporto alle produzioni tipiche di qualità dell’Appennino accompagnando i consorzi esistenti e i produttori di qualità nel processo di riconoscimento della certificazione europea, assicurando, almeno per i primi cinque/dieci anni, il necessario sostegno finanziario che notoriamente le acquisite certificazioni di qualità comportano.   Questo, che io definisco un modello di sviluppo sostenibile settoriale, sarà e lo auspico, uno dei punti cardine e prioritario, del “Patto per l’Appennino abruzzese”. In ogni caso l’Appennino ha bisogno di giovani che raccolgano il testimone di volontà e tenacia delle popolazioni della montagna appenninica e concorrano a riportare in quelle aree la vita e l’operosità. Da parte nostra ci impegneremo per stimolare la nascita di nuove realtà produttive sollecitando l’interesse dei giovani e accrescere l’aggregazione di agricoltori, pastori e imprese. Insisteremo perché le istituzioni regionali aiutino a migliorare la qualità delle attività e dei prodotti, cercando con esse di innovare e consolidare l’immagine dei territori montani promuovendone le tradizioni, la storia e la cultura. Le realtà agroalimentari, ancora oggi giustamente definite “nicchie”, se saranno opportunamente aggregate e “sapientemente raccontate”, potranno costituire un grande valore aggiunto nell’ambito della nuova politica di rilancio dell’Appennino e del Gran Sasso d’Italia. Quello che ci attende è un passo importante e decisivo per un lungo cammino da fare assieme, Sindaci, cittadini, imprenditori e associazioni, e gli effetti di ricaduta potranno portare grandi benefici in tutto l’Abruzzo. Sono certo che le positive esperienze già compiute e migliorate potranno spingere i giovani ad approfittare delle straordinarie opportunità che offre questo variegato e “ irriproducibile” territorio che per molti turisti e viaggiatori ha ancora un “ marchio” troppo poco identificabile. Bisogna approfittare, ora, che a causa del disastro subìto, le TV nazionali e le principali testate giornalistiche si sono finalmente interessate all’Abruzzo e alle sue straordinarie ricchezze.

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